È la seconda volta, dopo Una storia semplice, che Emidio Greco adatta un romanzo di Leonardo Sciascia. Il Consiglio d’Egitto è un progetto che il regista perseguiva da una decina d’anni: le riprese, tra la Sicilia e l’Ungheria, si sono concluse a Roma. Il cast comprende Silvio Orlando nella parte dell’Abate Vella e Tommaso Ragno — già protagonista di Chimera di Pappi Corsicato — nei panni dell’Avvocato Di Blasi. Abbiamo accompagnato Greco durante la lavorazione del film, e il regista ha accettato di anticiparci la sua personale lettura del romanzo di Sciascia.
Il Consiglio d’Egitto si basa su due eventi realmente accaduti a Palermo tra il 1782 e il 1795. Il primo è la grande impostura dell’abate Vella, il secondo il tentativo di rivolta ideato dall’avvocato Di Blasi. La grande impostura, che dà il titolo al romanzo di Sciascia e al film, è quella di un poverissimo fraccappellano, Giuseppe Vella, che viene scambiato per un esperto di arabo e chiamato a fare da interprete a un ambasciatore marocchino. Vella capisce alla velocità del fulmine che può avvantaggiarsi molto di questo equivoco, e riesce a far credere che una semplice biografia di Maometto sia il “Consiglio di Sicilia”.
Di cosa si tratta?
Di un falso codice che attribuisce titoli nobiliari e feudali. Quando realizza che il codice può essere usato come un’arma di ricatto, Vella concepisce un’idea delirante: scrivere ex novo un secondo codice, il “Consiglio d’Egitto”, dal quale fa discendere, risalendo addirittura all’inizio della storia siciliana, feudi e titoli di nobiltà, che toglie ai baroni per attribuirli alla Corona di Napoli. Un’impostura che dura circa tredici anni. L’aspetto più singolare è che l’interesse iniziale del Vella, che è quello di procurarsi benefici personali ricattando i baroni, si trasforma ben presto in un progetto che ha un’altra valenza. È un vero e proprio delirio d’onnipotenza, che Vella vive come possibilità di “raddrizzare le gambe alla Storia”.
Come entra in questa vicenda l’avvocato Di Blasi?
Anche la storia dell’avvocato di Blasi, che si proponeva di organizzare, all’indomani della Rivoluzione Francese, una rivolta in Sicilia, ha lo stesso segno del progetto di Vella: anche lui, sebbene in modo diverso, si propone di raddrizzare definitivamente le gambe alla Storia. Va da sé che sia Vella che Di Blasi usciranno sconfitti da questi progetti totalizzanti, anche se ambedue sono mossi da sentimenti condivisibili: la Sicilia del Settecento non era certamente un luogo dove la giustizia trionfasse e dove non esistessero spaventose disparità sociali o privilegi francamente intollerabili.
Le due storie si muovono su due binari paralleli e autonomi o si incrociano?
Vella e Di Blasi erano contemporanei e si conoscevano. Come dicevo, i due personaggi escono sconfitti, ma in un certo senso si salvano, riconoscendosi l’un l’altro come protagonisti dello stesso desiderio. A questo punto, secondo me, il romanzo di Sciascia cambia di segno, passando dall’affresco storico-politico a una dimensione che si potrebbe definire pirandelliana, se non addirittura borgesiana. Tra i due personaggi avviene una sorta di “compenetrazione delle coscienze”.
Che cosa l’ha spinta, dopo “Una storia semplice”, ad adattare nuovamente un romanzo di Sciascia?
Il mio interesse per Sciascia è dovuto a due motivi. Il primo è che nella sua opera rintraccio una serie di temi che credo mi siano congeniali. La seconda ragione è l’idea che ho di Sciascia, che viene spesso considerato come uno scrittore di impegno civile. È certamente vero, ma ridurlo a tale componente sarebbe sminuirlo. Credo che sia uno scrittore straordinariamente importante perché cerca di tenere assieme due aspetti quasi inconciliabili. Sciascia è un voltairiano, di formazione illuminista, e in lui la ricerca della Ragione si fa tensione morale. Ma il suo tentativo di razionalizzare il reale si scontra, tentando una conciliazione, con un sentimento diametralmente opposto, borgesiano e pirandelliano, che è quello di un disincanto totale circa la possibilità di trovare un senso, una ragione, una verità, una giustizia.
(in collaborazione con Federico Greco)
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