E’ un Crialese in grande forma quello incontrato al suo rientro in Italia dopo la sorprendente ‘campagna’ di Francia per Respiro. Il regista è felice per il rinnovato interesse della critica transalpina e per l’ottimo successo di pubblico nelle sale francesi, ed è, al tempo stesso, concentrato nella scrittura del prossimo film. Ma è anche un Crialese combattivo che riflette sul diverso trattamento ricevuto in Italia e in Francia. Una disparità che ha costretto la distribuzione italiana a rilanciare Respiro prossimamente nelle sale.
Ti sei fatto un’idea del perché in Italia il tuo film, come quello di Garrone, non riescano a sfondare?
Il mio lavoro, come quello di altri miei colleghi coetanei, viene commentato in modo non corretto. Il cosiddetto cinema d’autore, che chiamerei cinema e basta, è etichettato come etnico, introspettivo, deprimente, periferico. In ogni caso, viene preclusa a priori la possibilità che certe opere possano essere distribuite adeguatamente e che, soprattutto, possano essere appetibili per un pubblico più eterogeneo e non solo di nicchia. L’idea di fondo è che esiste un grande pubblico indistinto ed uno esclusivamente cinefilo e di minoranza. E questo va a discapito di autori come Garrone, Sorrentino, per citarne alcuni.
Speravi davvero di essere chiamato a rappresentare il cinema italiano agli Oscar?
Procacci ha fatto una cosa insolita nel nostro panorama cinematografico: una campagna elettorale. Una parte della giuria, chiamata a votare, non aveva visto il film e lui ha spedito le cassette, altrimenti su quale base avrebbe potuto giudicare? Sperare era lecito, dopo il consenso di critica e nei vari festival. Ma alla fine ha vinto la tesi del film economicamente più dispendioso e dell’autore conosciuto in tutto il mondo. Eppure in Spagna hanno preferito sostenere nella corsa agli Oscar un giovane regista piuttosto che il consacrato Almodovar.
Cos’è accaduto in Francia?
Alexandre Malet-Guy della Paneuropenne ha convinto la casa di distribuzione ad investire una cifra rilevante per promuovere il mio film: una campagna pubblicitaria in grande stile con l’obiettivo di 10mila spettatori nella prima settimana di proiezioni, cifra fatidica che avrebbe fatto da traino per il periodo successivo. Così ha coinvolto Valeria Golino e me in un tour di televisioni e radio, ha tappezzato Parigi di poster, e dopo cinque giorni ha modificato la locandina aggiungendo la scritta: Un Triomphe. Comunque, nonostante l’azzardo, dopo i primi cinque giorni il film in Francia era stato visto da un numero di spettatori pari a quello italiano in quattro mesi di distribuzione. Dalle 80 copie iniziali si è passati a 140.
Il tuo prossimo film?
Sto lavorando a un progetto precedente a Respiro. Durante la mia permanenza in America ho realizzato il mio primo lungometraggio e un produttore, interessato al mio film, ha opzionato la sceneggiatura successiva. Quando ho capito che a girarla sarebbe stato un altro regista, ho deciso di portare a termine il progetto da solo. Mi sono rifugiato a Lampedusa per concentrarmi e improvvisamente è nata l’idea di Respiro. Ora sento di poter riprendere in mano quella storia e di poter iniziare le riprese nell’estate 2004. Si tratta di una vicenda con protagonista una famiglia italiana emigrata in America.
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