‘Electric Child’, Simon Jaquemet: “ispirato dal cinema giapponese e da ‘eXistenZ’ di Cronenberg”

Il film con Elliott Crosset Hove e Rila Fukushima, e Sandra Guldberg Kampp nel ruolo di una AI, è una storia sull’esplorazione della “hybris dell'umanità nel punto di rottura emotiva in cui la tecnologia incontra la fragilità umana”


LOCARNO – Nell’attesa della realtà digitale di Adele Tulli, nella selezione Cineasti del Presente con Real, un altro film di Locarno77 entra nei meandri della relazione tra essere umano e tecnologia: Simon Jaquemet, regista svizzero, lo fa con Electric Child – sezione Piazza Grande, spiegando di aver voluto “esplorare la hybris dell’umanità nel punto di rottura emotiva in cui la tecnologia incontra la fragilità umana”.

La storia è quella di Sonny (Elliott Crosset Hove) e Akiko (Rila Fukushima), coppia entusiasta per la nascita del loro primo bambino, Toru: partecipiamo al parto, siamo lì con loro quando gridano al mondo la loro felicità, ma quel desiderio a forma di bebé presto assume la forma della malattia, con l’elemento “acqua” a far da compagno di viaggio – simbolico a più riprese – su più fronti: una diagnosi deflagra sulla loro esistenza, una mutazione genetica del bimbo inibisce un enzima; una percentuale risibile sintetizza le speranze. Sonny – che, come il regista, è un sofisticato nerd e, sempre come lui, anche papà – cerca di plasmare l’angoscia tentando di ricorrere a un’Intelligenza Artificiale – interpretata da Sandra Guldberg Kampp.

Jaquemet ha girato Electric Child nelle Filippine e “quello che mi piace nel fare cinema è fare sempre qualcosa di più rispetto a ciò con cui sei famigliare; inoltre, c’erano delle economie con cui fare i conti: dovevamo far apparire cose grandiose senza avere grandiose possibilità economiche”. Entrando poi tra trama e personaggi, Jaquemet spiega che “il finale del film è sempre stato chiaro, ma trovare l’equilibrio complessivo ha richiesto tempo: volevo trovare qualcosa che dapprima fosse ambiguo e per l’AI è interessante la non netta distinzione tra ‘bianco e nero’. Sono stato ispirato dal cinema giapponese, perché penso si possa partire da un genere e arrivare a un altro, e eXistenZ di Cronenberg fa parte della rosa delle ispirazioni da cui ho attinto”. Sull’Intelligenza Artificiale in generale l’autore si dice “molto diviso: ho imparato molte cose, il codice, sono molto coinvolto, mi sono molto dedicato e per chi capisce di informatica il film può sembrare un po’ naïf; per l’arte del cinema trovo l’AI interessante, da usare come strumento che dà opportunità ulteriori, ma dal punto di vista sociale/politico può essere molto pericolosa. Non sono apocalittico, ma ci troviamo in un punto importante della Storia perché le direzioni potrebbero essere varie e opposte”.

Nel film, si empatizza con il bisogno personale, paterno, di dover fare i conti con l’accettazione e col non voler facilmente venirne a patti ma, altrettanto, il “fare” di Sonny porta con sé l’imponderabile, l’inquietudine, il pericolo e, per il suo interprete – Elliott Crosset Hove, appunto – Jaquemet parla di “una coincidenza: per il mio primo lungometraggio avevo un videoclip di riferimento, per me molto importante, in cui c’era un tizio… Solo in fase produttiva di Electric Child mi sono reso conto fosse proprio lui, Elliott: è stato come un cerchio che s’è chiuso. La cosa interessante è che lui non sia affatto una persona tecnologica, ma ha un look nerd, una recitazione nerd, è molto preciso, applica l’essere nerd alla professione di attore”.

Locarno77, oltre all’autore, dal vivo ospita anche Rila Fukushima, che definisce quello di Akiko: “un ruolo davvero differente. Quando sono stata contatta da Simon ero impegnata in altre riprese e avevo anche cominciato a studiare medicina orientale: avevo paura a tornare sul set, non ero sicura di volerlo fare veramente, ma poi… sì, ho capito fosse il momento, per cui è stato un processo abbastanza impegnativo. Simon ha una visione chiara, gusti precisi nell’estetica”.

Con l’attrice giapponese, per l’anteprima assoluta c’è anche Sandra Guldberg Kampp che definisce: “incredibile interpretare qualcosa di non umano ma che dovesse somigliarli moltissimo. Sull’isola cerchiamo di vedere tutto dalla sua prospettiva, che guarda tutto come reale, ma… dobbiamo ricordarci che sia un’AI…”.

 

 

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