“Come Vincenzo Salemme, arrivo alla commedia sul grande schermo senza aver mai fatto televisione. Un’eccezione nel panorama italiano che di solito premia volti già popolari”.
Esordisce così il napoletano Eduardo Tartaglia, sceneggiatore, regista e interprete di Il mare non c’è paragone, pellicola prodotta e distribuita da Medusa in uscita domani nelle città capozona, dopo un “test” a Napoli che ha dato buoni risultati.
Il regista, all’opera prima dopo 10 anni di esperienza teatrale, ha voluto accanto a sé alcuni grandi protagonisti della tradizione partenopea come Aldo Giuffrè e Regina Bianchi, compagni di palcoscenico come Veronica Mazza e Carlo Buccirosso, “rubato” proprio a Salemme. Ma nel ruolo femminile più importante c’è la romana Sabrina Impacciatore (L’ultimo bacio).
“Avevo 3 settimane di tempo per imparare il napoletano. Ho visto tutte le videocassette di Eduardo e ascoltato senza sosta la voce di Veronica Mazza registrata. Per evitare le critiche ho deciso di rivisitarlo un po’ con espressioni inventate” ricorda l’attrice.
La commedia mette in scena la difficile situazione di un pescatore (Tartaglia) che perde il lavoro. Sua moglie (Impacciatore), disperata e stanca della sua passività, lo spinge verso attività illegali. Durante un viaggio da scafista verso l’Albania naufraga ed entra in coma. Nel frattempo viene selezionato per la trasmissione tv Superenaletto che mette in palio un premio miliardario.
Quali sono i legami con la commedia all’italiana?
Il film mette in scena temi anche sgradevoli ma con toni da realismo magico. Una lezione che viene dalla migliore commedia all’italiana: sempre ancorata alla realtà e mai compiaciuta.
Il suo film è anche una storia di fantasmi…
Sì. E’ un tributo al grande Eduardo, un modello imprescindibile, la punta di un iceberg: quel patrimonio napoletano da saccheggiare con umiltà. Quando qualcuno chiese a Eduardo se le sue commedie gli sarebbero sopravvissute, lui rispose: “Ciò non mi importa, ma che siano nate vive” cioè sensibili alla contemporaneità. E così è per me.
Per questa ragione dedica il suo sguardo è rivolto alla miseria dell’universo televisivo?
Sì. Perché la televisione è un fenomeno centrale. Ma non c’è un intenzione polemica o un intento particolarmente satirico. Certo, Woody Allen ha detto che la vita imita la cattiva televisione. E mi pare che ci incamminiamo in quella direzione.
La scelta degli attori?
Per mia fortuna ho diretto proprio gli attori a cui pensavo in fase di sceneggiatura. Poi per un napoletano è una grande emozione dirigere dei miti viventi come Regina Bianchi e Aldo Giuffrè.
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