Edoardo Winspeare


Edoardo Winspeare Dopo Sangue vivo, uno dei successi della stagione appena conclusa, Edoardo Winspeare è impegnato nella pre-produzione del suo nuovo film, prodotto anche questo dalla Sidecar di Maurizio Tini e Tore Sansonetti.

Di che si tratta?
Non posso dire molto, visto che stiamo nella fase più delicata della stesura della sceneggiatura: un leccese e una veneziana stanno scrivendo un film ambientato interamente a Taranto a quattro mani! Con Giorgia Cecere ho già collaborato per Sangue Vivo, mentre Pierpaolo Pirroni è un nuovo acquisto. Posso aggiungere che il protagonista del film è un ragazzino di circa 12-13 anni. A parte il ruolo dell’amico del cuore, il resto del cast sarà composto da adulti tra i 35 e i 50 anni. Com’è mia consuetudine lavorerò con attori professionisti e non: stiamo scegliendo anche il cast e spero proprio di poter iniziare a girare questo film prima della fine di quest’anno.

Porterà qualcosa a Venezia?
Recentemente ho prodotto un documentario diretto dalla francese Mathilde Daury, che s’intitola ‘Na pizzicata ne lu ‘core e racconta un ballo tipicamente salentino, la pizzica, una specie di Tarantella rivisitata, molto meno stilizzata e quindi più libera. Il documentario dura 50 minuti e l’abbiamo girato servendoci di una serie di formati diversi che vanno dalla pellicola, in Super8, passando per il 16mm e l’elettronica. Mi farebbe un immenso piacere se fosse scelto a Venezia, nella sezione documentari.

Lei è d’accordo che il documentario è un genere sottovalutato?
Assolutamente sì e ho anche scritto – facendo quasi violenza a me stesso – un articolo per il Dipartimento dello spettacolo su questo tema. In questo momento faccio anche parte della giuria di Arcipelago, un festival che dà molto spazio al cinema alternativo e dove ho avuto il piacere di vedere dei bellissimi documentari.

Che ricordo ha del Sundance dove presentò Sangue vivo?
Mi ha fatto molto piacere essere invitato al Sundance e ho apprezzato la risonanza che la stampa italiana ha dato a questo fatto. Però ho trovato il Sundance piuttosto deludente. Adoro il cinema americano degli anni ’70, i film di Altman, Scorsese e Cassavetes, e purtroppo non credo che il Sundance di oggi sia ancora un festival per il cinema indipendente. E’ pieno di persone che ti salutano e ti fanno i complimenti ma quando gli chiedi se hanno visto il film, ti rispondono che hanno visto solo il trailer. Ormai il Sundance è una Hollywood in miniatura.

Che cosa pensa della nuova sferzata di energia nel cinema italiano?
Sono molto contento che stiamo finalmente risalendo la china. Ho visto quasi tutti film della stagione e mi sono piaciuti. L’ultimo film straniero che mi ha colpito, invece, è stato In the mood for love.

I prossimi progetti?
Il mio sogno è di produrre i miei film. Al momento ho due progetti in mente ai quali sto lavorando con Giorgia Cecere e ho pensato a Sofia Chiarello per la regia. Ma prima di dire di più, devo capire molte cose.

Ha un sogno nel cassetto?
Mi ritengo una persona estremamente fortunata perché per me il cinema è la vita. Quasi mi vergogno ad ammettere la mia felicità. Più che sogni, ho delle ambizioni: la speranza di non tradirmi mai, di non svendermi e di poter continuare a fare quello che amo di più, il cinema. Detto questo, vorrei poter sempre conciliare l’amore e la vita con il lavoro.

autore
19 Giugno 2001

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