Non faceva sentire la sua voce da quando, nel 2009, un terribile ictus l’aveva privata della parola. Berit Elisabeth “Bibi” Andersson non c’è più e con lei se ne va un altro frammento insostituibile della “galassia Bergman”. Per il grande regista svedese, Bibi Andersson (nata a Stoccolma l’11 novembre 1935) era una presenza quasi insostituibile: l’aveva scoperta appena sedicenne sul palcoscenico di Malmö nel 1951 e subito l’aveva scritturata per una pubblicità; ma appena quattro anni dopo l’avrebbe richiamata per un ruolo più impegnativo in Sorrisi di una notte d’estate. Non si sarebbero più separati per oltre 40 anni, in un crescendo di simbiosi da cui nacquero 8 capolavori da Il posto delle fragole a Persona, da Passione fino a Scene da un matrimonio del 1973.
Attratta dal teatro e dal cinema fin da bambina quando il padre, l’imprenditore Josef Andersson, la incoraggiò a seguire i corsi del leggendario Teatro Drammatico Nazionale dove la ragazza si diplomò a pieni voti per poi rimanere in compagnia per oltre 30 anni, debutta al cinema nel ’53 con Dumbom di Nils Poppe e nel ’58 con Bergman vince il premio per l’interpretazione al Festival di Cannes con Alle soglie della vita. All’inizio degli anni ’60 ottiene il primo riconoscimento in teatro con Dopo la caduta di Arthur Miller, sempre diretta dal maestro, ma nel ’63 vince l’Orso d’oro come miglior attrice a Berlino per L’amante diretta da Vilgot Sjoman. Ormai incamminata sulla strada del successo internazionale come la sua conterranea Ingrid Bergman, approda a Hollywood nel ’66 diretta da Ralph Nelson (Duello a El Diablo) e lavorerà con John Huston (Lettera al Kremlino, 1970), Robert Altman (Quintet, 1979) e nel corale Airport ’70 dello stesso anno. Adorava l’Italia e accetterà sempre le offerte di quello che considera un suo paese d’adozione, lavorando con Alberto Sordi (Scusi, lei è favorevole o contrario?), Florestano Vancini (Violenza al sole), Marco Bellocchio (Il sogno della farfalla). Nella sua filmografia figurano collaborazioni con molti registi di caratura internazionale, da Mai Zetterling ad André Cayatte, da George Sluizer a Gabriel Axel (Il pranzo di Babette), ma come per Ingrid Thulin e Liv Ullmann la sua fortuna non può essere separata dall’astro di Bergman.
Donna impegnata nelle cause sociali (si batté fino all’ultimo per la difesa della cultura bosniaca nei giorni della guerra fratricida con la Serbia), Bibi Andersson ebbe una dolorosa e complessa vita privata, punteggiata da tre matrimoni finiti male e da una solitudine affettiva che ha segnato drammaticamente l’ultima parte della vita. La sua ultima apparizione risale infatti all’anno della malattia, nel 2009, quando a dirigerla fu Stig Bjorkman in Images from the Playground.
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