CANNES – Leningrado, estate dei primi anni ’80.
Leto narra l’estate metaforica, l’esplosione di una stagione, non tanto della Natura quanto dell’arte. Leto traduce, dal russo, “estate”, con un suono fonetico più prossimo al francese (l’été) che ad altri più comuni, come summer soprattutto.
Leto dà titolo anche ad un brano che anticipa e accompagna l’incontro e la conoscenza di Viktor (Teo Yoo) e Mike (Roma Zver), principio di una storia molto più grande di quella della conoscenza tra due musicisti, che gli attori hanno raccontato di aver vissuto: “con molta libertà – secondo Zver – La libertà che deve avere un artista. Rispetto alla possibile difficoltà di interpretare il ruolo di un personaggio reale, ho cercato di non pensarci: è un film!”. Yoo, attore coreano nato a Colonia e con studi newyorkesi di cinema, veste il ruolo centrale di Viktor, a cui ha riservato: “un’interpretazione naïf, pura. Ho imparato il russo guidato dal suono della lingua. Questo ruolo è stato cruciale per la mia carriera, come lo può essere interpretare Gesù”. Lo sostiene uno dei produttori, Ilya Stewart, ribadendo come Viktor fosse: “una leggenda, un simbolo di cambio generazionale per la Russia”. La storia, storia biografica di quel momento musicale della Leningrado anni ’80, contava – e conta nel film – anche di una figura femminile, Natasha, la moglie di Mike, interpretata da Irina Starshenbaum, che del suo personaggio – e della storia – si dichiara persuasa: “dall’energia dell’amore e dell’amicizia, dalla libertà che il film racconta, quello di un momento strepitoso per il nostro Paese”.
La storia di una generazione, non solo anagrafica e sociale ma anche musicale: la biografia e la coscienza del rock’n’roll sovietico e di Viktor Robertovic Tsoj, il cui profilo racconta essere stato artista, cantante, chitarrista, vigile del fuoco e… poeta. Leader della band Kino. Ma questa di Leto è anche la storia di un modo di creare l’arte, non solitario, egoriferito e fast food, come l’attualità più stretta sembra raccontare, ma con l’attitudine alla creazione comune, allo scambio creativo, alla generosità dei talenti, gli uni per gli altri.
Il rock’n’roll, si sa, non è solo musica, è uno stile di vita e con questo spirito anche una rissa su un treno può essere musica: così Serebrennikov, che per il film ha scelto il bianco&nero, mette in scena anche una sorta di videoclip. Musica, sequenze cinematografiche e animazioni in forma di disegni a mano libera che, rosso, bianco e nero, colorano e scrivono l’immagine del film, ottenendo così una meta visione, un film nel film senza astrarsi dal film principale. Gioco visivo e musicale – con rielaborazioni di hit come Psycho Killer dei Talking Heads e The Passenger di Iggy Pop – che si ripete più di una volta nello scorrere del lungometraggio, come nella vivace sequenza sul tram, in cui passeggeri, disegnini spaziali e scritte macroscopiche avvolgono e coinvolgono Viktor e Natasha, lì per uno spostamento in città. Una scelta che non solo racconta la musica ma “fa musica” a tutto tondo, dando così eco al cuore della storia, come nelle parole del direttore della fotografia, Vladislav Opelyants, che delle scelte animate racconta di “aver discusso con Kirill sulla questione del colore, anzitutto. Abbiamo scelto una immagine ‘wide’, un look fotografico molto realistico. L’animazione è subentrata in un secondo tempo e ci ha sorpresi: abbiamo preferito un tratto primitivo, infantile, per non perdere l’intenzione di realismo”.
Il regista russo del film, come l’iraniano Panahi, non è presente a Cannes, perché ai domiciliari, al suo posto una sedia vuota in conferenza stampa. Ex direttore artistico del teatro moscovita d’avanguardia Gogol Center, è accusato di frode allo Stato per 68 milioni di rubli (790.000 sterline), con il pretesto di finanziare un progetto teatrale senza scopo di lucro, Platforma. Serebrennikov è stato critico nei confronti del Cremlino in passato, denunciando l’annessione della Crimea da parte della Russia e dando il proprio sostegno alla comunità LGBT. Ha ricevuto il supporto di molti importanti attori e registi russi, secondo cui le accuse mirano a scoraggiare il dissenso politico nella comunità artistica del Paese. Anche la European Film Academy ha criticato la decisione e ha invitato le autorità russe a far sì che Serebrennikov sia “rilasciato immediatamente e incondizionatamente e per garantire la libertà di movimento e l’espressione artistica”. Sulla questione, ancora il produttore Ilya Stewart, ha puntualizzato che Serebrennikov: “ha potuto finire di editare il film a casa, a febbraio. La presenza a Cannes è dunque cruciale, anche per questa situazione e per la Storia. Sentiamo il supporto del giornalismo, molto, è un forte tema di discussione in questo momento, soprattutto nel nostro Paese. Il film non ha avuto sostegni statali, ma è un film storico che però Kirill riesce a far parlare del presente”.
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