Disponibili da lunedì 18 novembre in esclusiva su Sky e in streaming su NOW, i primi episodi di Dune: Prophecy ci rigettano d’improvviso nelle atmosfere della saga cinematografica curata da Denis Villeneuve. A pochi mesi da Dune – parte 2, torniamo dunque nell’universo creato negli anni ’50 dallo scrittore di fantascienza Frank Herbert. Qualcosa, però, è diverso: ci troviamo infatti a scoprire gli eventi avvenuti millenni prima dell’avvento del “Lisan al’Gaib” (nel film interpretato da Timothée Chalamet), quando l’ordine delle Bene Gesserit iniziò a tessere le trame di un destino che avrebbe prima o poi sconvolto l’intero universo.
La nuova serie televisiva targata HBO arricchisce perciò la mitologia di Herbert, affondando in realtà le mani in uno dei tanti romanzi scritti dal figlio Brian Herbert e da Kevin J. Anderson. A un primo impatto, Dune: Prophecy colpisce per la capacità di riproporre sul piccolo schermo le imponenti atmosfere, il look e l’impianto produttivo del franchise d’autore di Villeneuve, segnato da una cifra stilistica non indifferente. Ovviamente è un gioco di specchi e il budget è ben diverso, ma l’illusione è totale e HBO, a poche settimane dall’acclamata serie spin off The Penguin – prolungamento di un’altra saga, il Batman di Matt Reeves – dimostra ancora una volta di riuscire a proporre una propaggine televisiva capace di prolungare l’esperienza cinematografica, senza stonare o abbassare la percezione qualitativa di un franchise pensato prima di tutto per la sala e il grande schermo.
La prima sfida, per HBO, era questa. Del Dune di Villeneuve si può mettere in dubbio il ritmo, la struttura narrativa, ma mai, o almeno raramente, si è discusso l’incredibile impatto delle immagini messe in scena dal regista. La serie eredita la visione del regista, aggiungendo ciò che in TV sembra davvero non poter mancare mai in una serie di successo: interminabili dialoghi, intrighi, misteri, elementi da scoprire passo passo, in un percorso che guida con attenzione attraverso gli episodi. Un’altra comparazione possibile – restando in casa HBO – è senz’altro House of the Dragon, anch’essa ambientata nel passato di un altro prodotto, la serie tv Game of Thrones. Dune: Prophecy è perciò molto più parlato della sua controparte cinematografica, e si concentra sullo sviluppo di personaggi guidati da ambizioni, desideri, meschinità. Per un fan di Game of Thrones, dunque, è imperdibile.
Il romanzo su cui la serie mette radici si intitola Sisterhood of Dune e segue le vicende di Valya e Tula Harkonnen, due sorelle che, dopo la caduta in disgrazia della loro famiglia, si uniscono a un misterioso ordine conosciuto come la Sorellanza. Attraverso un intenso addestramento, le sorelle aspirano a sviluppare abilità straordinarie, gettando le basi per le Bene Gesserit, l’ordine già noto ai fan della saga. Il cast scelto per Dune: Prophecy aiuta la riuscita degli episodi: Emily Watson interpreta Valya Harkonnen, determinata a ristabilire l’onore della sua casata. Olivia Williams è invece a Tula, arricchendo la dinamica tra le sorelle con sfumature complesse. Tra i nomi conosciuti, anche Mark Strong, nel ruolo dell’imperatore Javicco Corrino, e Travis Fimmel, che interpreta il misterioso Desmond Hart, contribuiscono a rendere la trama ancora più avvincente con personaggi ben delineati.
Il cuore delle vicende si regge interamente su intrighi politici e giochi di palazzo. Inevitabilmente, le principali interazioni avvengono in campi-controcampi che riducono la portata della messa in scena, che più volte si trova a fare compromessi con la natura del racconto stesso. Sarebbe perciò difficile seguire gli episodi senza pensare ancora una volta alla lezione di Game of Thrones, di cui questa serie ambisce a essere una versione sci-fi. Rilevante è l’accessibilità con cui la serie è stata pensata: per quanto prequel degli eventi mostrati nei film di Villeneuve, Dune: Prophecy non crea barriere d’ingresso per chi non ha familiarità con la saga o i romanzi. La serie fornisce sufficienti elementi contestuali per coinvolgere nuovi spettatori, affrontando temi universali come il potere, l’onore e il destino, rendendola interessante per un pubblico ampio. È un’aggiunta, un’opportunità di approfondimento per gli appassionati di Herbert (o di Villeneuve), ma anche un ingresso possibile e rispettabile all’universo di Dune, che mostra qui la propria varietà, capace di passare da racconto epico con vermoni di sabbia – come nel film – a una guerra contro l’AI, combattuta di complotto in complotto.
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