VENEZIA – Ha appena compiuto 80 anni, Douglas Kirkland, leggendario fotografo delle star. E Vanity Fair lo festeggia con una splendida mostra organizzata in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà che si è inaugurata ieri a Venezia, presso il Telecom Italia Future Centre di Campo San Salvador e che resterà aperta fino al 6 settembre. Tanti gli ospiti accolti dai padroni di casa – il direttore del magazine Luca Dini, insieme a Roberto Cicutto e Rodrigo Cipriani di Luce Cinecittà – molte le star in un gioco di rispecchiamenti tra foto esposte e attori in carne ed ossa, Luca Zingaretti e Luisa Ranieri, Pierfrancesco Favino e Maria Grazia Cucinotta, Giuseppe Fiorello e Vittoria Puccini, Isabella Ferrari e Renato De Maria. Ma gli obiettivi degli iPhone erano tutti puntati, per una volta, su Kirkland in persona, che ha partecipato al vernissage insieme alla moglie Francoise, giornalista francese e sua collaboratrice in diversi progetti tra cui i volumi Legends, James Cameron’s Titanic (il primo libro fotografico diventato un best seller in America) e With Marilyn: An Evening/1961.
Ed è proprio Marilyn l’icona a cui è indissolubilmente legato il lavoro del fotografo canadese. Che appena 27enne fu mandato dalla rivista Look a immortalare la diva. “Voglio lenzuola di seta, Dom Perignon e un disco di Frank Sinatra. Poserò nuda, ma da sola con te”, disse l’attrice al giovane reporter, che la ritrasse nelle pieghe voluttuose di lenzuola di seta bianche. Quelle foto straordinarie nacquero grazie alla speciale intimità che si creò imprevedibilmente tra i due: a un certo punto Marilyn invitò Douglas a stendersi accanto a lei. “Non so perché non accolsi l’invito – dice Kirkland – Certamente una ragione è che ad aspettarmi a casa c’erano la mia prima moglie e i miei tre figli. Ma credo anche che inconsciamente sapessi che tutta quella energia sessuale che si era creata tra di noi sarebbe rimasta nelle foto, se avessi continuato a scattare. Ora sono certo di avere fatto la cosa giusta. Alla fine mi sdraiai per terra di fianco al letto, e fu un po’ come se avessimo veramente fatto l’amore. Cominciammo a parlare della nostra vita: lei mi raccontò che si era sposata a 16 anni solo per fuggire all’affido presso una famiglia che non conosceva, io le dissi che avevo incontrato mia moglie al liceo”.
Gli scatti vennero pubblicati il 17 novembre del 1961, appena sei mesi prima della morte della Monroe, e segnarono l’inizio di una fantastica carriera. Dopo Marilyn, l’obiettivo di Douglas Kirkland fermò momenti ed espressioni irripetibili di tutte le più grandi star, da Mick Jagger a Sophia Loren, da Coco Chanel a Marlene Dietrich e Andy Warhol. Jack Nicholson che tiene fra le labbra un fiammifero acceso come se fosse una sigaretta, Richard Burton e Liz Taylor che si fronteggiano, tra un bacio e lite. Judy Garland che piange sfinita dai ritmi di lavoro pazzeschi a cui la sottoponevano. Audrey Hepburn con quel sorriso tanto speciale, dopo una lunga passeggiata insieme a Douglas, loro due da soli, per i boulevard di Parigi.
Anche Stanley Kubrick, genio misantropo e irraggiungibile, si è lasciato avvicinare da Kirkland che ha potuto conoscerlo da vicino, e diventare suo amico, sul set di 2001 Odissea nello spazio, a unirli proprio la comune passione per la fotografia. Ma i suoi scatti, pubblicati da ‘Life’ dopo la chiusura di ‘Look’ nel ’71, ritraggono anche gente della strada, tipi qualsiasi, anonimi che diventano unici. “A me piacciono le persone. Chiunque esse siano. E mi piace fotografarle”.
Senza disdegnare qualche set importante, come quello del Grande Gatsby con Leonardo DiCaprio, oggi Kirkland lavora soprattutto nella sua villa-studio di Los Angeles dove passa intere giornate per creare quel feeling speciale di cui le sue fotografie si nutrono. E che ritroviamo anche nei ritratti di attori e registi italiani realizzati per un numero speciale di Vanity Fair o nelle foto scattate a Los Angeles durante gli incontri di Cinema Italian Style. “E’ proprio in quell’occasione – ci racconta l’ad di Istituto Luce Cinecittà Roberto Cicutto – che ci è venuta l’idea di collaborare a questa mostra-omaggio”. Che ha dato vita anche a uno splendido volume.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre