Donatella Botti


Per lei la regista Francesca Comencini ha avuto parole di profonda gratitudine, per il supporto e la tenacia con cui ha portato fino in fondo il progetto di Le parole di mio padre, il film ispirato a La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Cinque anni di gestazione, tre miliardi di budget e ora Cannes. D’altronde è così che Donatella Botti, produttrice di Biancafilm dal ’97 (un passato nella pubblicità e nei corti), è abituata a lavorare: “Mi occupo di un solo film per volta, seguendolo, dedicandogli tantissimo tempo, tante energie. Un po’ come un bambino”.
Non ancora uscito in Italia (lo aspettiamo nelle sale il 24 maggio) il film avrà il suo debutto proprio a Cannes, sezione “Un Certain Regard”, dove Botti era anche l’anno scorso grazie al film di Calopresti Preferisco il rumore del mare: “Ma per il 2002 punto al concorso”, scherza.

Come ha accolto la notizia del film al festival?
Sono stata molto contenta, ovviamente. Mi sembra un bel risultato per un film forse non facile, che potrebbe dividere la critica, soprattutto quanti ci si avvicinano pensando di trovare un adattamento fedele. Le parole di mio padre è invece molto liberamente tratto dal romanzo di Svevo, tant’è che è ambientato a Roma e nel nostro presente.

Lei ha sempre detto di produrre le storie che ama: cosa le è piaciuto di quest’opera?
La modernità di Zeno, un personaggio attualissimo, io stessa ne conosco parecchi di tipi così. E l’attualità dei rapporti che descrive, a cominciare da quelli tra le sorelle.

Rossana Rummo responsabile del dipartimento dello Spettacolo, ha sottolineato l’importanza delle coproduzioni, una strada che lei pratica abitualmente.
L’ho sempre fatto, ma non è così semplice come potrebbe sembrare. Anche la Francia, con cui lavoro sin dal primo film, mi è parsa meno disponibile nonostante nel film c’è Chiara Mastroianni, un’attrice molto nota anche a Parigi. Comunque penso sia giusto e necessario praticare questa strada. Ma il nostro obiettivo deve essere non solo cercare finanziamenti, ma far vedere i nostri film, aumentare l’interesse europeo per le nostre storie, i nostri registi.

Un anno, questo 2001, che molti indicano come stagione di svolta del nostro cinema. Qual è il ruolo dei produttori?
Abbiamo visto al cinema film di ottima qualità, è vero. Se ne sono accorti anche i festival stranieri, ma, soprattutto, il pubblico e il riscontro con la sala è importantissimo: genera nuova fiducia nel cinema italiano e fa bene a tutti i film, anche quelli meno riusciti o meno visti. Personalmente non faccio proponimenti, ma lavoro con i registi con cui è possibile e piacevole avere rapporti anche umani, scegliendo, appunto, storie in cui credo. E mi sembra importante continuare a dar fiducia a progetti di qualità.

Il prossimo impegno?
Il nuovo film di Mimmo Calopresti, cominceremo le riprese in ottobre. Di più non posso dire.

autore
27 Aprile 2001

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