Dino Risi


La tradizionale scultura che i premi “Rencontres du cinema italien” di Bastia assegnano al regista del film vincitore – quest’anno Pasquale Scimeca per Placido Rizzotto – doveva essere lui, Dino Risi, a consegnarla. Questo però, per un simpatico equivoco occorso nella serata conclusiva del festival, non è accaduto. E il regista di Profumo di donna, appena salito sul palco, ha chiesto, in perfetto francese: “Avevate paura che non ce la facessi a sollevarla?”.
E’ così che Dino Risi affronta i suoi 83 anni, con un’ironia quasi adolescenziale che lascia sempre forti dubbi sul grado di veridicità di ciò che dice. Tamtam l’ha intervistato in occasione del tributo in programma ai “Rencontres” dedicato a Vittorio Gassman, “suo” attore e amico di sempre. Ecco cosa ci ha detto.

Signor Risi, per lei questa è l’intervista numero …
… 1241. No, non lo so, è però certo che me ne hanno fatte davvero tante. E non sono cambiate, sono sempre inutili: sempre le stesse domande e sempre le stesse risposte. Anzi, voi giornalisti e noi intervistati potremmo scambiarci delle cassette già registrate, per evitare questo ripetersi di cose già viste e già fatte.

E noi allora? Che facciamo adesso?
Metta via il block notes e parliamo con tranquillità.

Va bene. Però mi consenta una domanda-fotocopia: che cosa pensa del cinema italiano d’oggi?
E va bene: ci sono buoni registi e buoni film, manca però il coraggio di raccontare il presente, come facevano quelli della mia generazione. Oggi si preferisce parlare della storia appena passata: la mafia, il ’68, la resistenza … ma perché non si fa un film su Berlusconi, Andreotti, Bossi? Lì sì che ci sarebbe molto da dire! Vede, gli Usa queste possibilità narrative non se le sarebbero fatte scappare …

E allora cos’è davvero cambiato rispetto al passato?
Mancano gli sceneggiatori, ma soprattutto i grandi attori: Gassman, Tognazzi, Sordi … dove li vede, oggi? Sì, ci sono molti buoni attori, ma dove sono le star di un tempo? Forse la colpa è anche dei registi: non li aiutano a crescere a sufficienza, hanno paura che il protagonismo dell’attore offuschi il loro. E poi mancano – forse – i rapporti di amicizia: Vittorio per me era un amico, anzi, il mio unico e vero amico.

Che ricorda di Vittorio?
La sua istintiva capacità di recitare: non aveva bisogno di entrare nella parte, bastava che schiacciasse un pulsante e via, poteva essere-fare chiunque. E poi la sua capacità di ridere della vita, di non prendersi troppo sul serio. Come del resto Mastroianni: lo sa a che cosa pensava prima di interpretare una scena drammatica? Alla pasta e fagioli, lo commuoveva.

E del Gassman vittima della depressione, cosa ricorda?
Per lui fu terribile, come un lento suicidio. Gli dicevo: pensa di essere un alieno di passaggio sulla terra per soli tre giorni. Ogni cosa ti sembrerà unica, bella, da vivere. Non bastò, purtroppo.

E il Dino Risi di oggi, col cinema che si fa oggi in Italia, avrebbe ancora voglia di mettersi dietro a una macchina da presa?
A volte sì, a volte no. Comunque una sceneggiatura ce l’avrei, si tratta di una storia su Napoleone. Solo che parla dell’adulto, e invece qui a Bastia m’è venuta la voglia di raccontare Napoleone adolescente, nessuno finora l’ha fatto. Ho lanciato l’idea a questo festival, mi sembra ”storicamente” il luogo ideale. Chissà, vedremo …

Mi scusi, ma non ha appena finito di dire che si rammarica che oggi i giovani cineasti preferiscano le storie “al passato” invece di quelle “al presente”? E lei pensa a Napoleone?
Già, è vero. Ma così non avrò problemi a farmi produrre il film.

Dino Risi quanti “Napoleoni” ha incontrato nella vita?
Molti, quasi tutti produttori cinematografici. Uomini con una tempra così (e fa un gesto, ndr) che oggi non esiste più. Anche grazie a loro il cinema italiano si è fatto strada nel mondo.

Vittorio Gassman a parte, quante volte mi ha preso in giro in questa intervista?
Qualcuna ma neanche troppe … Insomma, faccia un po’ lei!

autore
14 Febbraio 2001

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