L’universo Ozpetek coagulato in un film, il 15° del regista italo-turco. Diamanti, dal 19 dicembre in sala con Vision Distribution, mette in campo ben 18 attrici, un numero record, bellezza ed eleganza, ma anche tante emozioni. E poi ci sono tutti i punti fermi dell’autore de Le fate ignoranti: le grandi tavolate e i vassoi di pastarelle, l’amore per il cinema e l’omaggio ai costumisti, Piero Tosi in primis, le canzoni romantiche e l’elogio delle donne, raccontate in tutte le sfaccettature, tra mélo, atmosfere fiabesche e riscossa femminile – “da sole siamo piccole come formiche ma insieme possiamo fare tutto” – amori non pienamente vissuti e lutti inconsolabili. Tutto questo in un film dal cast stellare con tante presenze del suo cinema che tornano qui a riunirsi attorno a lui, li citiamo in ordine alfabetico: Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Paola Minaccioni, Edoardo Purgatori, Carmine Recano, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi, Milena Vukotic.
Protagoniste, pur nella struttura corale, Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, ovvero le sorelle Canova, con il loro atelier che ricorda tanto da vicino lo storico Tirelli: perfezionismo ed estro, cura dei materiali e alta sartoria a servizio di una costumista premio Oscar con la sindrome dell’impostore (Vanessa Scalera) e di un regista nevrotico (Stefano Accorsi) che stanno preparando un film ambientato nel Settecento con Kasia Smutniak protagonista. Intanto, dietro le quinte ma non troppo, scorrono fiumi di lacrime, ci sono storie di violenza domestica, una bambina morta in un incidente, una madre single che non riesce a pagare la scuola del figlioletto, un figlio adolescente che non esce mai dalla sua stanza e rifiuta di mangiare, un amore deluso. Ma anche gioia, seduzione, coppie libere e persino un triangolo dichiarato con un ragazza e due ragazzi.
Girato a Roma e ambientato a metà degli anni ’70, il film è scritto da Carlotta Corradi ed Elisa Casseri, insieme a Ozpetek. La fotografia è Gian Filippo Corticelli, la scenografia di Deniz Kobanbay, i costumi – davvero lussureggianti – di Stefano Ciammitti, il montaggio di Pietro Morana e le musiche, altrettanto centrali nella vicenda, con i brani di Mina e una canzone di Giorgia, sono curate da Giuliano Taviani e Carmelo Travia. Il film non è prodotto da Tilde Corsi, complice abituale di Ferzan, ma da Marco Belardi per Greenboo Production, con Faros Film e Vision Distribution, in collaborazione con Sky.
Diamanti si apre svelando la genesi del progetto e il metodo di lavoro di Ferzan: le sue attrici sono riunite attorno a una grande tavolata, per mangiare lasagne e discutere del film, Mara Venier è ai fornelli. “Da tempo – spiega il regista – volevo fare una cosa solo con le attrici, pensavo sarebbe stato difficile, ma parlando con Luisa Ranieri mi è tornato in mente di quando facevo l’aiuto regista e spesso andavo alla sartoria Tirelli, incontrando anche Piero Tosi o Maurizio Millenotti. Così ho pensato di raccontare una sartoria anche perché qui è importante il dettaglio, come nel mio modo di fare il regista”. Il film si doveva intitolare “Mezza verità”. “E’ stata la mia amica Mina a suggerirmi Diamanti, perché il diamante è simbolo di resistenza, resiste a tutto, come le donne”.
Luisa Ranieri parla di fiducia reciproca e improvvisazione. “Stavamo girando Garage Olimpo quando mi ha proposto questo nuovo progetto, ma io ho preteso di fare la protagonista. Poi però ci siamo trovate con tutte le attrici e gli attori meravigliosi, come se fosse un balletto”.
Jasmine Trinca è stata felice di dare voce a persone che non ne hanno. “Una donna che trova valore quando lo sguardo dell’altra si posa su di lei, con un senso di sorellanza”.
Mara Venier era restia a tornare in scena dopo 30 anni. “E’ stato un regalo insperato in un momento particolare della mia vita, mi sentivo inadatta ma Ferzan mi ha convinto scrivendomi che lui aveva paura più di me. Poco prima delle riprese mi sono operata alla vista, ma è stato tutto bellissimo e lo rifarei”.
Vinicio Marchioni assume qui il ruolo del marito violento e prevaricatore dopo il carrozziere gentile di C’è ancora domani: “Era fondamentale per me continuare a parlare di femminicidio, dobbiamo essere noi maschi a metterci la faccia. E sono contento di averlo fatto insieme a Milena Mancini, mia moglie nella vita e nella finzione”.
C’è un’ultima scena che è un dichiarato e dolce ricordo di persone che non ci sono più. “Nella sceneggiatura avevamo citato ‘la stanza accanto’, l’espressione di Sant’Agostino, poi l’abbiamo tolta per non replicare il titolo di Almodovar, ma è rimasta la dedica a Virna Lisi, Monica Vitti e Mariangela Melato. Dopo Il bagno turco Mariangela mi chiese di lavorare con lei, volevo offrirle un ruolo in Magnifica presenza ma era già ammalata, era troppo tardi. Virna Lisi, che mi aveva paragonato a Chéreau, doveva fare la nonna di Mine vaganti ma alla fine non la chiamai. Quando vinsi il Globo d’oro per Il bagno turco incontrai Monica Vitti a Cinecittà e mi pronosticò ‘farai altri bellissimi film’. Chissà, un domani potremo lavorare insieme nell’aldilà”.
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