Una storia più che mai attuale, dove crisi economica e precarietà degli affetti vanno di pari passo, è quella narrata da Giuliano Montaldo ne L’industriale, presentato fuori Concorso all’ultimo Festival di Roma e dal 13 gennaio nelle sale con 01. Pierfrancesco Favino è Nicola Ranieri, un giovane e capace industriale che ha ereditato dal padre, un operaio emigrato a Torino dalla Puglia all’inizio degli anni ’60, una piccola fabbrica che la crisi spinge sull’orlo del fallimento. E verso il fallimento scivola anche il suo matrimonio, nonostante l’amore di Laura (Carolina Crescentini), mentre i debiti e le richieste esose di banche e finanziarie mettono a dura prova l’orgoglio di Nicola e sembrano travolgerlo. “Una crisi che crea una cappa di incomunicabilità con la moglie, alimentata dalla durezza del protagonista. Alla fine c’è un delitto e c’è un castigo”, afferma Montaldo.
Un dramma immerso in una Torino livida, in versione bianco e nero. “Una volta terminata la sceneggiatura ho subito detto che vedevo questa storia in bianco e nero – spiega il regista – Una vicenda che non ha colore, perché è fuori scena. Così il direttore della fotografia Arnaldo Catinari ha lavorato con immagini desaturate”.
Un film che si rivela importante per chi si trova in una condizione simile a quella di Nicola, sostiene Favino. “Il mio personaggio, come tanti nella realtà, vive una condizione di solitudine, si sente abbandonato a se stesso con tutto il mondo contro. Vedere rappresentata questa vicenda fa bene perché spinge a condividere un dramma in apparenza individuale che invece riguarda tanti altri. Anche perché Montaldo ha il pregio di affrontare il racconto senza nessun atteggiamento ideologico”.
Per Favino L’industriale è un thriller emotivo capace di intrattenere il grande pubblico. E questo film, pensato quattro anni fa, si rivela più che mai attuale perché parla della crisi economica che diventa panorama di un deserto emotivo. Al centro il tema del lavoro e quello della crisi produttiva, temi non solo italiani ma globali.
“Il mio industriale utilizza nel lavoro una sua virtù, la tenacia, che è però anche la sua rovina quando diventa orgoglio fine a se stesso. Nicola – continua l’attore – costruisce la propria identità sulla condizione economica, così vive la crisi come uno smacco, una sconfitta personale. Ma la crisi può rimettere in gioco una serie di valori come la solidarietà e l’operosità”.
E a chi ricorda che pochi sono i film italiani sulla classe operaia, Montaldo risponde che una ragione c’è: “E’ come se ci fosse un pudore a raccontare questo mondo con l’attenzione e la passione di chi lo conosce bene”.
Dallo sceneggiatore Andrea Purgatori la speranza che il ministro Passera e il presidente del Consiglio Monti vedano L’industriale, per ricavarne una suggestione, un pensiero da una storia che li aiuti ad avere uno sguardo più ampio.
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