De Cataldo: “Il mio Manrico Spinori al cinema guarderebbe Garrone, Scorsese e Cortellesi, ma anche Carmine Gallone”

L’intervista al giudice e scrittore di 'Colpo di ritorno', il suo più recente romanzo con protagonista il PM melomane – di cui ha firmato anche 'Io sono il castigo', 'Un cuore sleale', 'Il suo freddo pianto': conferma di aver già scritto un prossimo capitolo, "alla revisione della prima stesura"


MILANO – È giudice e la sua anima connessa alla Giurisprudenza – il senso della giustizia, del mistero e del “nero” – serpeggia sempre nelle vene della sua creatività, letteraria come nel caso corrente e più recente, ma soprattutto cinematografica, una passione che non è solo tempo libero e fuoco personale, ma è stata sin dal principio curata con formazione e applicata con riuscita professionalità.

Se la sua firma per una prima sceneggiatura data 1991, era la serie tv Nero come il cuore (regia di Maurizio Ponzi), la più recente è per Suburra – La serie (regia di Giuseppe Capotondi, Andrea Molaioli, Michele Placido, 2017); nel frattempo, ha sceneggiato anche Romanzo criminale diretto da Michele Placido (2005) e la serie omonima (2008-2010) con la regia di Stefano Sollima.

Lui è Giancarlo De Cataldo, che davvero non ha bisogno di presentazioni, e così forse nemmeno il suo Manrico Spinori, essendo protagonisa – nella penna prima, e sulle pagine di carta poi – da quattro romanzi a questa parte: il PM melomane è da poco tempo tornato in libreria, protagonista di Colpo di ritorno.

De Cataldo, la saga di Spinori ha una geografia precisa, dall’abitazione in via Giulia al Palazzaccio, fino a Trastevere, quartiere dell’ultima indagine. La geolocalizzazione porta il pubblico a immergersi davvero. Perché ha scelto di disegnare così specificatamente i luoghi, e perché Roma?

Roma perché è la mia città e la mia ossessione narrativa: prima ho raccontato la Roma criminale, delle borgate, adesso con la saga di Manrico racconto una Roma borghese, a volte anche alto borghese. Però, uno non deve andare su Wikipedia e guardare la mappa delle strade di Roma, perché io cerco di dare un senso ai luoghi nei quali ambiento, cioè di dare una connotazione sociologica, a volte, o una connotazione culturale, di far capire perché quella scena abbia un senso in quel luogo. Il mago sta a Trastevere perché, nella mente e nel cuore di tantissimi romani, ‘ a Trastevere c’erano i maghi’, anche per strada: era il posto dove si andava a farsi fare le carte; così come l’onorevole di turno sta ai Parioli, perché nell’immaginario romano lì sta ‘la Roma-bene, la Roma-alta’; quindi, insomma, questa geolocalizzazione è un tentativo di raccontare un pezzettino di anima di questa città.

Questa città è anche caput mundi del Cinema, almeno nostrano, ma non solo. Ha mai pensato di ambientare uno dei casi di Spinori in un teatro di posa, su un set, a Cinecittà?

No, però è un suggerimento interessante! Comincio a pensarci… sì, comincio a pensarci.

Manrico è appassionato e esperto d’Opera, si sa. Se dovesse, però, andare al cinema che film sceglierebbe? A parte Harry Potter evocato in Colpo di ritorno, come esperienza vissuta col figlio, ma più per affetto che per gusto. 

Mi sono molto trattenuto sulle citazioni, essendo io un grande appassionato di cinema. Siamo a dicembre 2023, e in quest’ultimo scorcio ho visto Io capitano di Garrone, che mi è piaciuto molto; ho visto Dogman di Besson, che mi è piaciuto molto; ho visto Scorsese, che mi è molto piaciuto; e ho visto il film della Cortellesi, che mi è molto piaciuto: è un buon periodo e Spinori guarda con i miei occhi, ed è anche abbastanza retrò come sono io, cioè si rivede la saga de Il Padrino ma anche La battaglia di Algeri, ma si rivede anche i film- opera di Carmine Gallone come Avanti a lui tremava tutta Roma, per intenderci. È cinefilo, mascherato per non sovraccaricare i libri di citazioni, ma… è cinefilo.

Restando in un immaginario letterario, che includa anche il Cinema, Spinori è accerchiato da donne e, pensando al Noir, chi è la vera femme fatale: la Cianchetti, Stella Dubois o… una dark lady che ancora deve arrivare?

Le femme fatale e le dark lady appartengono a un immaginario datato, adesso ci sono donne con le quali bisogna combattere per conquistarsi un piccolo spazio; altro che femme fatale, qui tra poco parleremo di ‘dark mister’, più che di dark lady.

Sue precedenti creazioni sono diventate cinema e hanno attinto dalla cronaca. Per quest’ultimo romanzo l’indagine va a cadere sul mago: voleva essere una metafora o ha inciso il realismo della cronaca?

Sì, sempre, sempre. Da giovane ho frequentato dei corsi di sceneggiatura e facevamo degli esercizi di scrittura al buio: una volta vennero fuori le due parole che più seducevano gli scrittori italiani, o aspiranti tali, ed erano ‘corruzione’ e ‘miracolo’, e in questo romanzo ci stanno tutte e due.

Le vicende di Spinori si presterebbero alla serialità, o lei preferirebbe rimanessero sulla carta?

Mi porti uno scrittore che dica: ‘io non voglio che le mie opere diventino una bella, ricca e ben pagata serie televisiva’, perché in tal caso gli crescerà un naso da Casa Manzoni alla Scala.

E, giocando, chi immaginerebbe come possibile interprete per il personaggio?

Lui assomiglia a Marcello Mastroianni, ma ancora non ce l’ho chiaro un nuovo-Mastroianni che potrebbe interpretarlo.

Manrico, appena rientra da Tokyo – con questa partenza conclude il romanzo – continuerà a indagare?

L’ho già scritto, sono già alla revisione della prima stesura. È in lavorazione ma la notizia sul futuro sentimentale di Spinori è coperta dal più stretto riserbo…

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