David: Crazy for Football, miglior documentario

Arriva nei cinema il 20 febbraio, con un'uscita evento in oltre 40 sale, il documentario sulla terapia col pallone, Crazy for Football di Volfango De Biasi, presentato alla scorsa Festa di Roma. Prota


“Grazie a tutti, è una gioia e un onore infinito”. Con queste parole il regista Volfango De Biasi commenta il premio come miglior documentario ai David di Donatello 2017 per il suo Crazy for Football, film sulla terapia col pallone distribuito da Luce Cinecittà. Presentato alla scorsa Festa di Roma, prodotto da Skydancers con Rai Cinema in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà e con il patrocinio della Federazione Gioco Calcio, Crazy for Football nasce da un importante progetto di reinserimento sociale dei pazienti psichici, portato avanti dal Presidente dell’Associazione Italiana di Psichiatria Sociale Santo Rullo e che ripercorre le vicende della prima nazionale italiana di calcio a cinque, che l’anno scorso ha partecipato ai mondiali per pazienti psichiatrici a Osaka. Un film dal tono leggero, realizzato per combattere i pregiudizi che circondano chi soffre di disagio mentale perché, come sottolinea lo psichiatra Rullo, le persone che soffrono di disagio ci appaiono belle solo da lontano; quando si avvicinano diventano brutte e pericolose perché ci rendiamo conto di quanto siano simili a noi. Anche perché possiamo tutti vivere un momento di difficoltà profonda che fa perdere l’orientamento dei nostri comportamenti e delle nostre emozioni. “Il calcio può essere il ritorno alla memoria emotiva di quando non si era malati”, sottolinea Rulli che rivela che uno dei ragazzi della squadra, Ruggero, da un paio di mesi è tornato a vivere a casa, e probabilmente il merito non è né dei farmaci né della struttura sanitaria che l’ha accolto fino a questo momento. “L’esercizio fisico complesso, corroborato dalla componente del gioco, nutre la nostra mente di dopamina e serotonina, proprio quelle sostanze che vengono distrutte fa forti stress emotivi e che, nei pazienti psichici, è necessario reintegrare con trattamenti farmacologici che, però, a lungo termine presentano pesanti effetti collaterali. Quello che è successo durante l’esperimento è che questi pazienti, giocando a pallone, hanno iniziato a stare meglio quando assumevano meno farmaci”. Una posizione che trova d’accordo anche il preparatore atletico della squadra, Vincenzo Cantatore, l’ex campione del mondo di pugilato che dal 2000 lavora con detenuti e giovani con difficoltà psichiche che illustra una ricerca fatta a Houston sullo sport come sostituto, in certe forme di dipendenza, ai farmaci: “Esiste un preciso protocollo di allenamento, messo a punto dalla sanità americana, che permette di sviluppare quantità di dopamina e serotonina addirittura superiori a quelle rilasciate farmacologicamente”.

La narrazione di Crazy for Football si snoda intorno a un gruppo di pazienti che arrivano dai dipartimenti di salute mentale di tutta Italia, pronti a diventare una vera squadra. Riescono a farlo così bene che nel film i protagonisti sono loro, i giocatori, e non la loro malattia. “Li ho visti arrivare a Roma con patologie diverse – racconta Cantatore –  ragazzi insicuri che non credevano in se stessi, con scheletri chiusi nelle loro teste, paurosi di affrontare la vita. Grazie a questa esperienza tutti sono cambiati, hanno riacquistato la voglia di mettersi in gioco e di sfidare. Ora non sono più secondi a nessuno, non sono l’emarginazione di nessun tipo di società”. Ad accompagnare i ragazzi in questo percorso, un allenatore pieno di energia e di umanità, Enrico Zanchini, che ultimamente lavora con i più piccoli e che in passato aveva già avuto esperienza con una squadra di tossicodipendenti, dai quali aveva imparato l’importanza di trattare sempre tutti esclusivamente come giocatori. “Non credevo di trovare ragazzi così disponibili e pronti. Siamo riusciti in poco tempo a formare un gruppo e ad essere una squadra con una sua identità. Hanno giocato proprio bene e sono orgoglioso di loro da un punto di vista sportivo”. Tanto che in conferenza stampa si prende addirittura i complimenti di Gianni Rivera: “Mi è piaciuto il fatto che si sia comportato da vero allenatore, trattando anche male la squadra quando serviva, e ottenendo così dei risultati sorprendenti”.

Crazy for Football  è in un certo senso il mio personalissimo film di Natale, perché racconta buoni intenti che pur tra tante difficoltà riescono a realizzarsi, mostrando un’Italia bella che c’è anche se si fa fatica a vederla” – sottolinea Volfango De Biasi – che già dodici anni fa aveva girato, dopo l’incontro con Rullo, una pubblicità progresso sulla terapia col pallone. Un racconto che può aprire una breccia nel muro di gomma dello stigma e della disinformazione, per spiegare a tutti come fare delle cose belle, come può essere ad esempio indossare la maglia della nazionale o mettere in moto la propria intelligenza motoria, possa dare una chance concreta a chi si trova in una situazione di difficoltà. Per mostrare che, grazie all’apertura della società civile, possono esistere spazi che non sono solo ghetti ma luoghi di recupero.

Così, dopo il piccolo miracolo fatto in Giappone, il prossimo obiettivo concreto per questa squadra di straordinari campioni di vita, che si rincontreranno a Roma in occasione della prima del film, sono i mondiali del 2018 che verranno giocati in Italia, e forse questo film sarà d’aiuto per spiegare meglio il progetto a chi potrebbe sostenerlo da un punto di vista culturale (ma anche economico). Nel frattempo la prossima partita da giocare è con la squadra femminile dell’associazione “Mai più Chara”, contro la violenza di genere, per lanciare un messaggio che sfati i pregiudizi: chi uccide le donne non è un matto, ma una persona ‘normale’ che si rivela essere un criminale.

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27 Marzo 2017

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