Quando arriva il Natale un nome solo troneggia sul catalogo di opere per celebrare a suon di storie e ambientazioni suggestive la festa preferita dal mondo occidentale. È quello di Charles Dickens che con il suo Christmas Carol abitato da un’icona della redenzione come Ebenizer Scrooge e tre fantasmi guida, ha stabilito il canone della narrazione natalizia.
Dickens ovviamente non è solo Il racconto di Natale. È un titano della letteratura mondiale che ha regalato all’umanità opere immortali come Oliver Twist, Grandi speranze e David Copperfield. E ha fornito a sceneggiatori, registi e produttori una miniera d’oro a cui attingere per rappresentare tra piccolo e grande schermo storie che magnetizzano generazioni di spettatori a qualsiasi latitudine.
È proprio a David Copperfield è dedicato una degli sceneggiati Rai più amati di sempre. Neanche a farlo apposta trasmesso per la prima volta nel periodo natalizio di ormai quasi sessant’anni fa. Faceva, infatti, il suo ingresso trionfale sui televisori italiani proprio il 26 dicembre del 1965 con la regia del grande Anton Giulio Majano, decano della trasposizione televisiva di opere letterarie.
Majano poteva vantare un talento e una visione a 360° della narrazione grazie alla sua esperienza come giornalista, romanziere, autore di apprezzati racconti sulle prestigiose riviste “L’illustrazione Italiana”, “Le grandi firme” e “La letteratura”.
Aveva dimostrato la sua capacità straordinaria di tradurre in linguaggio audiovisivo opere fondamentali Piccole Donne, di L.M Alcott, benedetto da un incredibile successo, poi Cime Tempestose, Delitto e castigo, Capitan Fracassa. I suoi teleromanzi erano la messa in opera di un suo credo saldissimo: il piccolo schermo doveva essere un prolungamento della scuola e completare quel processo di alfabetizzazione che per vari motivi gli italiani non potevano permettersi. Majano offriva loro la possibilità unica di conoscere i “fondamentali” della cultura mondiale grazie all’appeal del mezzo televisivo.
Grandi storie per un piccolo schermo. E pace se molti critici lo rimproveravano di spingere sull’acceleratore del sentimentalismo. La sua visione etica della televisione traspare anche dall’adattamento di David Copperfield: ben quattro mesi di riprese nel 1965 per portare sullo schermo per la prima volta il romanzo di Charles Dickens, con una resa fedelissima al testo letterario.
La storia comincia a casa Copperfield, tra una colombaia e un canile vuoti, il vento che ha mandato via l’estate e il camino acceso, l’orfano David e la sua tata Peggotty (Elsa Vazzoler) iniziano a fare i conti con la perfidia del patrigno Murdstone (Ubaldo Lay). I tre primi personaggi che non si dimenticano, in una storia indimenticabile in qualunque età la si sia letta o vista.
È il racconto dell’infanzia di David con le sue dure esperienze: il secondo matrimonio della madre, i maltrattamenti di Murdstone, il collegio, la morte della madre, il lavoro a Londra e la fuga dalla zia Betsey a cui seguono poi le vicende di David adulto: il lavoro, il matrimonio con Dora e, dopo la morte di lei, il secondo matrimonio con Agnese, che finalmente gli dona la tranquillità. Le musiche sono di Riz Ortolani e i costumi di Pier Luigi Pizzi.
Lo sceneggiato fin dalla prima puntata e per i successivi sette episodi ebbe un successo strepitoso con una media di 15 milioni di telespettatori. Grande merito di Majano fu anche quello di rivelare al grande pubblico due attori che avrebbero ottenuto una popolarità enorme: il giovanissimo Roberto Chevalier e soprattutto Giancarlo Giannini, rispettivamente nei panni di David bambino e adulto.
Giannini aveva solo 23 anni al momento delle riprese ed era pressoché sconosciuto avendo esordito al cinema (tra l’altro con il goffo pseudonimo di John Charlie Johns) qualche mese prima nel film Libido di Ernesto Gastaldi e Vittorio Salerno.
Entrare nei panni dell’orfano di Dickens fu come spalancare le porte del trionfo. A metà degli anni sessanta tutti conoscevano l’attore originario di La Spezia che avrebbe conquistato con gran merito un posto al sole tra i grandissimi della commedia all’Italia.
Gli strali della critica, si sa, sono insensibili al successo popolare e così non mancarono nemmeno per David Copperfield. Se le interpretazioni di Giannini e di Wanda Capodaglio nel ruolo della zia Betsey furono elogiate quasi all’unanimità, Majano fu invece spesso accusato di aver semplificato troppo il testo dickensiano. Di aver praticamente ignorato aspetti chiave del romanzo in favore di un accento patetico di matrice “troppo italiana” (per dirla alla Boris).
La semplificazione vista col senno di poi c’è, ma questo non significa che sia un dato puramente negativo. La riduzione della complessità originaria servì al regista per mettere maggiormente in risalto i sentimenti e, soprattutto, le personalità dei vari personaggi. Così la bontà d’animo del protagonista, e di chi gli è accanto, che confligge con quella dei villain della storia.
E forse questo è un altro modo per essere fedeli a un’opera: catturarne lo spirito pur interpretando artisticamente a proprio modo la narrazione. In fondo Charles Dickens aveva un obiettivo dichiarato: attaccare la crudeltà del mondo della sua epoca con l’animo “innocente” dei suoi protagonisti.
'Those About to Die', immersione nella storica arena dell'Impero Romano, è il dramma storico diretto da Roland Emmerich in esclusiva su Prime Video dal 19 luglio
Ricordiamo unno dei più importanti e apprezzati kolossal della televisione italiana di tutti i tempi, diretto dal recentemente scomparso Giuliano Montaldo
Lo “scandaloso” memoir di Sibilla Aleramo diventa un teleromanzo di successo nelle mani sapienti di un regista che oggi viene definito “il padre della fiction” : Gianni Bongioanni
La morte di Matthew Perry è una crepa in un quadro d’amicizia che grazie a 'Friends' si pensava, si sperava, durasse in eterno