Dario Piana, il pupillo italiano di Stan Winston


In sala sta per uscire un suo film, l’horror Le morti di Ian Stone, eppure quando in Italia si fa il nome di Dario Piana è la pubblicità la prima cosa a venire in mente. Milanese, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, Piana esordì alla regia a 26 anni con il memorabile spot “Silenzio, parla Agnesi” che gli valse il Leone d’oro al Festival Internazionale della Pubblicità di Cannes, un premio che al nostro Paese mancava da 13 anni. Da allora non si è mai fermato raggiungendo risultati internazionali sempre più importanti come l’esposizione al Louvre di Parigi di una delle sue ultime campagne quell’Aqualtis di Ariston in cui dentro l’oblò di una lavatrice camicie e calzini si animavano diventando pesci e creature del mare. Come sia arrivato uno come Piana a fare il cinema è quindi fin troppo facile da indovinare. La curiosità semmai sta in come l’ha fatto e con chi. Come ha raccontato a CinecittàNews.

Il suo sogno più grande è sempre stato il cinema o la pubblicità?
Il cinema. Anche se la pubblicità è il campo in cui ho avuto le soddisfazioni maggiori. Entrare negli spot è stato solo più semplice. Dopo il diploma negli anni ’80 lavoravo come art director in una società di comunicazione e piano piano sono riuscito ad arrivare dietro la macchina da presa. Tutto è iniziato quando ho conosciuto persone come Claudio Mancini, produttore esecutivo di molti film di Sergio Leone, e Danilo Donati, scenografo e costumista per Fellini. Loro mi hanno aiutato a trovare i contatti giusti per farmi conoscere nell’ambiente dello spettacolo internazionale.

Quando ha fatto il salto dagli spot al grande schermo?
Circa un decennio dopo negli Stati Uniti. La pubblicità è stata un bel biglietto da visita a cui ho potuto aggiungere la mia esperienza di disegnatore e montatore. Gli americani sono molto concreti: il cinema è un’industria per cui
è fondamentale che tu sappia dirigere, ma avere anche altre capacità artistiche aumenta il rispetto che hanno di te. Decisivo comunque è stato l’incontro con Stan Winston, il famoso creatore di effetti speciali, recentemente scomparso.

Com’è nata la vostra collaborazione?
Nel 1997 Stan mi offrì di girare un film che voleva produrre. Si intitolava Werewolf, un horror sui licantropi da 30mila euro con protagonista il rapper DMX, considerato l’erede di Tupac Shakur e Notorious B.I.G. Ci dovevano coprodurre la Phoenix e la 20th Century Fox ma poi il progetto si è arenato.

Le morti di Ian Stone è il primo e ultimo film a cui avete lavorato insieme?
Purtroppo sì. Ma resta almeno il bel ricordo e il discreto giudizio del pubblico. Negli Usa il film è uscito lo scorso anno e su diversi blog il pubblico lo ha definito un film “originale”. Ne sono molto contento anche perché ho potuto lavorare liberamente sull’impatto visivo del film senza impedimenti visto che Stan mi nominò produttore associato.

Come descriverebbe la pellicola?
E’ la storia di un uomo normalissimo, Ian Stone appunto, che un giorno viene spinto sotto un treno e ucciso da un uomo che credeva fosse morto. Riavutosi, Stone si renderà presto conto di essere condannato a svegliarsi tutti i giorni per essere nuovamente inseguito e ucciso da qualcosa di sinistro che si è insinuato nella sua vita. Personalmente lo ritengo un film angosciante non un horror puro.

Con quest’opera acquisterà sempre più visibilità nel cinema, anche in Italia. Prevede di dirigere da noi in futuro?
Non prossimamente. Sono al lavoro su due progetti ma con produzione americana dove al momento ho più facilità a reperire copioni. Cercherò di realizzare un film per bambini molto fantasioso, un live action sullo stile de I Goonies, che i miei figli adorano, e poi una pellicola noir un po’ particolare: una sorta di storia alla Marlowe ambientata negli anni della grande depressione statunitense. Mi diverto a pensarlo come un film anni ’40 girato da Tarantino.

Distribuito da Medusa Le morti di Ian Stone uscirà nei cinema il 18 luglio.

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15 Luglio 2008

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