Lo raggiungiamo al telefono nella sua casa di Tolmezzo in Friuli. Lì è nato, nel 1943, ma il suo lavoro l’ha portato molto lontano. Fino a Hollywood, dove ha collezionato candidature all’Oscar, e all’Australia del suo film più recente, Le cronache di Narnia 3. “La mia carriera è stata singolare – ci racconta Dante Spinotti – ho iniziato in Kenya con mio zio, lì ho coltivato la mia precocissima passione per la fotografia, girando documentari con lui. Poi sono tornato in Italia, ho lavorato alla Rai di Milano, ho fatto film in Italia, fino a che, nell’85 Dino De Laurentiis non mi ha chiamato in America per Manhunter di Michael Mann“.
Due nomination all’Oscar, con The Insider (1999) e L.A. Confidential (1997), due David di Donatello, con La leggenda del santo bevitore (1988) e Il segreto del bosco vecchio (1993). Tra i suoi lavori ci sono anche L’ultimo dei Mohicani, Heat, X-Men di Brett Ratner e Wonder Boys di Curtis Hanson. Il Festival di Lodz gli ha appena attribuito il Plus Camerimage Lifetime Achievement Award, un premio alla carriera riservato ai più prestigiosi direttori della fotografia di tutto il mondo. E insieme al premio è arrivato un volume, curato dal critico Lorenzo Codelli, che lo definisce il “Mohicano della Carnia” nel saggio che gli dedica. Il libro, con splendide fotografie e una lunga intervista a Spinotti, sarà presentato anche in Italia, a Gemona, il 18 dicembre prossimo, nel corso di una serata organizzata dalla Cineteca del Friuli, prima della proiezione di Nemico pubblico di Michael Mann. CinecittàNews ha intervistato Dante Spinotti.
Cosa rappresenta questo premio?
E’ molto importante perché viene da un festival unico al mondo. Camerimage si svolge da 17 anni, prima a Turun e ora a Lodz, una città che si trova a due ore da Varsavia e che è anche sede di una scuola di cinema molto famosa, frequentata da registi come Polanski e Wajda. Il festival, che nasce da un’idea di Volker Schloendorff, mette al centro i direttori della fotografia e segnala il legame tra il cinema e la costruzione delle immagini. Tra i vincitori nelle edizioni passate ci sono stati vari italiani: Vittorio Storaro, Giuseppe Rotunno, Tonino Delli Colli. Quest’anno Camerimage ha segnalato la collaborazione tra Storaro e Carlos Saura, ma il film vincitore è stato Lebanon.
Ha tenuto una lezione agli studenti. Che cosa ha cercato di trasmettere a chi vuole intraprendere questa carriera?
Ho fatto vedere un corto che avevo ideato per l’università del Maine e che mostra come si illumina una piccola storia con pochi personaggi. Io collego la qualità della fotografia alla qualità del film, se la storia non regge, se i personaggi non funzionano, neanche il film può reggere.
A proposito di storiche collaborazioni, la sua con Michael Mann è veramente inossidabile, da “Manhunter” al recente “Nemico pubblico” con Johnny Depp.
Sono 22 anni che collaboro con lui, lo conobbi nel 1985 quando Dino De Laurentiis mi chiamò in America. Devo a lui la mia carriera internazionale. Portai poche immagini di Interno berlinese, che avevo realizzato con Liliana Cavani l’anno prima e le feci vedere a Mann. È stato un momento fortunato. Con lui poi ho lavorato sempre: tranne per due film, Collateral e Miami Vice, ma solo perché ero già impegnato. Ormai siamo amici. Devo dire che il suo linguaggio è strettamente suo, io mi occupo della luce, però facciamo una preparazione molto accurata, con molti sopralluoghi, ed è in quella fase che prendiamo tante decisioni.
Cosa pensa del digitale?
Ho fatto cinque film in digitale. È un grande aiuto, anche se non ha raggiunto la qualità della pellicola, per esempio per la latitudine di posa. Però presenta molti vantaggi, primo fra tutti che si può vedere quello che si sta facendo. Chi scrive può rileggersi e fare le dovute correzioni e aggiustamenti, ora anche chi riprende delle immagini può farlo. Il primo esperimento in digitale l’ho fatto con Anthony Hopkins, per il suo film da regista Slipstream, siccome era un film sperimentale e con un budget limitato, il digitale è sembrato una buona soluzione.
Pensa che il digitale potrà soppiantare la pellicola?
Può darsi, anche se non subito e comunque è una decisione che riguarda più l’industria che noi dop. E poi ci sono altre forme di visione, il 3D per esempio, che funziona molto bene perché ti tira dentro la storia. C’è quel film con John Wayne del ’53, Hondo, che ho rivisto di recente ed è un buon esempio. Ma il 3D ha subito grandi trasformazioni, adesso aspettiamo tutti di vedere Avatar di James Cameron e Alice nel paese delle meraviglie di Tim Burton. In America le sale 3D incassano più del doppio delle sale normali e credo che questa tecnica arriverà presto anche in televisione.
Ha appena finito di girare Narnia 3.
The Chronicles of Narnia: The Voyage Of The Dawn Treader (in italiano Il viaggio del veliero) è il terzo episodio della serie di avventure dai romanzi di C.S. Lewis, ed è diretto da Michael Apted. Mi ha impegnato negli ultimi sei mesi, abbiamo finito di girare due settimane fa, poi adesso c’è una lunga fase di postproduzione perché il film prevede effetti speciali quasi in ogni inquadratura, personaggi fantastici e paesaggi magici, perciò credo che uscirà a Natale 2010. Ho girato con una Sony F 23 che dà una grande profondità di campo e molta agilità di ripresa perché volevamo che la macchina da presa partecipasse fisicamente alle avventure dei ragazzi: Ben Barnes che ritorna nei panni del principe Caspian, Skandar Keynes nel ruolo di Edmund e Georgie Henley che interpreta Lucy.
È stata una vicenda produttiva molto complessa con il passaggio dalla Disney alla Fox e una pausa nella lavorazione.
E’ vero. Inizialmente dovevamo girare a Malta, perché la storia si svolge in gran parte sul veliero che esplora le isole verso Oriente, con vari incontri con i personaggi del reame di Narnia e le incursioni di Tilda Swinton nei panni della Strega bianca. Ma poi il peso dell’euro ha portato il preventivo a lievitare troppo, fino a 250 mln di euro, e siccome Narnia 2 Il principe Caspian non aveva avuto il successo del primo episodio, lo studio ha deciso di fermare tutto. Io me n’ero quasi dimenticato, stavo girando Nemico pubblico con Michael Mann, quando si è deciso di riprendere, non più con la Disney ma con la Fox, che si è unita alla Walden Media che detiene i diritti dei romanzi. Insomma, la macchina si è rimessa in moto e ci siamo spostati in Australia, nella Costa d’oro, tra Brisbane e Sydney in una baia dove è stata costruita la nave. Ma abbiamo girato anche in teatro, dove sono state realizzate le scene delle foreste magiche e in Nuova Zelanda dove abbiamo girato le spiagge e la battaglia finale.
Mi sembra che lei non lavori più in Italia dal 2002, l’anno di “Pinocchio” di Roberto Benigni. Le piacerebbe tornare?
Molto e l’esperienza con Benigni è stata bellissima. Ma sono inserito in un meccanismo che mi porta a lavorare a Hollywood, viviamo là, mio figlio studia a Los Angeles. Sono quasi sempre impegnato e devo rifiutare molte proposte. Eppure vorrei fare film più piccoli, come L’uomo delle stelle di Tornatore, dove l’intera troupe non arrivava a sessanta persone. In un film più piccolo c’è maggiore elasticità e maggiore vicinanza agli attori, puoi cambiare la visuale e fare qualche scoperta.
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