Uno studente modello, rampollo di una famiglia di intellettuali facoltosi, che conduce una vita “sui binari giusti”, e un giovane affascinante e carismatico che vive di gioco d’azzardo, barando. Il corto circuito provocato dall’incontro tra Giorgio e Francesco (Elio Germano e Michele Riondino) è al centro di Il passato è una terra straniera, il film che Daniele Vicari ha tratto dal romanzo omonimo di Gianrico Carofiglio (Premio Bancarella nel 2005) e che tra pochi giorni presenterà, in concorso, al Festival Internazionale del Film di Roma. Prodotto con un budget di circa 4 milioni di euro da Fandango, Rai Cinema e R&C Produzioni, il film sarà in circa 200 sale il 31 ottobre con 01 Distribution, con un divieto ai minori di 14 anni.
Vicari, quanto è vicino il film al romanzo di Carofiglio? Siete rimasti fedeli all’atmosfera e alle vicende?
Con la sceneggiatura ci siamo allontanati parecchio dal romanzo, che aveva tre protagonisti – Francesco, Giorgio e il tenente dei carabinieri – mentre nel film ce ne sono solo due. Abbiamo eliminato il carabiniere per approfondire la psicologia dei due ragazzi. Abbiamo anche effettuato un ribaltamento di senso rispetto ai due protagonisti; mentre nel romanzo Francesco è quello violento e imprevedibile, nel film alcune di queste sue caratteristiche passano a Giorgio. Anche l’atmosfera e il tipo di narrazione si discostano rispetto al romanzo; nel film abbiamo colto spunti fondamentali, come l’ambiguità dell’esperienza di un giovane che scopre se stesso, ma abbiamo aggiunto molta più azione e, allo stesso tempo, introspezione.
Quanto emerge lo sfondo sociale in cui hanno luogo le vicende? C’è anche una riflessione più ampia sul contesto?
Il romanzo è ambientato a Bari nel 1989, mentre il film si svolge ai giorni nostri. Nel frattempo la città è molto cambiata. Venti anni fa era un centro che affrontava enormi difficoltà legate alla presenza della Sacra Corona Unita, oggi è diversa, anche grazie al lavoro di persone come Gianrico Carofiglio. Bari ora è una città moderna e proiettata verso il futuro, ma continua a conservare un che di arcaico, una duplicità sociale – in termini di classi – che resta più evidente nel Sud Italia. I due protagonisti sono un esempio di questa duplicità: Giorgio è figlio di un professore universitario, è un progressista, mentre Francesco è al limite del sottoproletariato. In ogni caso nel mio film non ci sono sociologismi: è solo la storia di due ragazzi che rompono completamente i loro freni inibitori per cercare la massima soddisfazione di qualsiasi piacere, a prescindere dalle loro diverse coscienze di classe. E’ una sorta di romanzo di formazione di due soggetti di diversa estrazione sociale.
Molti addetti ai lavori hanno dato a lungo per certa la partecipazione del film alla Mostra di Venezia. Poi cosa è successo?
Io non ero sicuro di andare a Venezia, quello che so è che dalla Mostra c’erano molti tentennamenti sulla possibile selezione del mio film, mentre Giorgio Gosetti l’ha visto a luglio e si è mostrato subito entusiasta. Alla fine sono più contento di partecipare al Festival di Roma. Tra l’altro ho appena saputo che nelle prime tre ore sono stati venduti tutti i biglietti di Il passato è una terra straniera al festival: ciò vuol dire che è un film atteso. Lo considero di buon auspicio e spero che questa partecipazione aiuti il mio film a uscire nelle sale il meglio possibile il 31 ottobre. E poi sono contento di essere in concorso anche a Londra.
Il film si chiude con una canzone scritta da lei con Elio Germano e Teho Teardo.
Ci serviva un brano per i lunghi titoli di coda del film. Abbiamo provato ad appoggiarci molte canzoni, anche belle, ma ci stavano tutte male, e alla fine abbiamo deciso di scrivere un pezzo insieme io, Elio Germano (che lo canta anche) e Teho Teardo, che poi è diventato anche il leit-motiv in altri momenti del film. E’ una canzone molto aderente al racconto, a partire dal testo, che è ispirato a “Demian” di Hermann Hesse, anche quello legato alla storia.
Tra i suoi prossimi progetti c’è un film a episodi.
Si tratta di Amori in città : quattro storie di 20 minuti l’una ambientate a Roma, che io, Roberta Torre, Francesco Munzi e Salvatore Mereu abbiamo scritto ispirandoci a L’amore in città , un film degli anni ’50. Per ora il progetto è in stand-by, mentre credo che il prossimo film che realizzerò è quello sulla storia di Edoardo Parodi, un intimo amico di Carlo Giuliani che morì per cause naturali a sei mesi dalla scomparsa di Carlo. L’ho scritto con Massimo Gaudioso e ci lavoriamo ormai da sei anni, cioè da quando sono venuto a conoscenza della vicenda e ho parlato con i genitori di Edoardo, che si sono detti d’accordo sull’idea di trasformare la storia di loro figlio in un film. Sarà un misto tra documentario e finzione e non sappiamo ancora se nel film ci sarà un personaggio che interpreta Carlo Giuliani. Per il resto vorrei lavorare con giovanissimi attori genovesi per mostrare la storia di Edoardo dal suo ritorno a Genova dopo il G8, a cui lui non partecipò, e di come lo straziante evento della morte di Giuliani gli abbia trasformato l’esistenza, spingendolo a “creare comunità”, a tenere insieme le persone dopo che queste erano state colpite da tragici avvenimenti storici.
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