Daniele Vicari


D. VicariSarà pronto ad aprile, L’orizzonte degli eventi, l’opera seconda di Daniele Vicari attualmente impegnato nel montaggio di quanto girato tra luglio e settembre a L’Aquila, sull’altopiano della Laga e a Castel del Monte, all’interno del Laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso, e negli studios di Papigno a Terni.
David di Donatello come miglior regista esordiente con Velocità massima, Vicari ha voluto di nuovo al suo fianco Valerio Mastandrea nei panni di Max, un fisico del laboratorio del Gran Sasso che casualmente entra in rapporto con Bajram (l’attore albanese Lulzin Vecia), un pastore macedone che vive sulla montagna. Il film è diviso nettamente in due parti: Max passa dalla dimensione interna del laboratorio a quella esterna del Gran Sasso attraverso una specie di tunnel spazio temporale.
Tra gli altri interpreti de L’orizzonte degli eventi, prodotto da Fandango in collaborazione con Medusa: Giorgio Colangeli è un professore universitario con il quale Max ha un rapporto quasi padre e figlio; Gwenaelle Simon è Anaïs, collega di lavoro di Max con la quale il giovane fisico entra in conflitto.

A che cosa s’ispira il titolo?
‘L’orizzonte degli eventi’ è un termine usato da Stephen Hawking, scienziato che ha pubblicato anni fa un famoso libro sui buchi neri. Indica il limite oltre il quale non si può andare verso l’infinito, una sorta di membrana spazio temporale che è intorno a un buco nero che esercita una forza gravitazionale infinita. Prima di questa membrana il tempo è come lo conosciamo noi. Oltre diventa infinito, dunque un punto di non ritorno.

Il film è ispirato a un suo reportage “Uomini e lupi”, premio Sacher nel ’98, racconto di uno studente macedone in fuga da Skopje che trova lavoro in Abruzzo come pastore?
Sì, la storia di Bajram, interpretato da Lulzin Vecia, s’intreccia con le vicende di Max un fisico che lavora nel Laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso. L’idea è quella di mettere in contatto e conflitto questi due mondi. Un’élite scientifica multietnica che fa ricerca sui neutrini e sopra la montagna, sulla testa dei fisici, questo mondo di uomini che fanno il mestiere più antico dell’umanità, quello di pascolare animali. Il loro stile di vita non ha nulla a che vedere con la modernità. Il Bajram di quel reportage viveva in una roulotte collocata in mezzo a una valle circondata da montagne, in totale solitudine per alcuni mesi dell’anno. Un uomo che vive in quella condizione dopo un po’ perde il senso della realtà.

V. MastandreaLuoghi carichi di suggestioni, tanto da ritornarvi.
Sì, ho visitato il Gran Sasso nella sua interezza e quindi anche il laboratorio. Mi sono allora reso conto che questa montagna rappresenta in maniera illuminante la nostra era della globalizzazione. E’ allora che la storia iniziale si è trasformata ed è entrato il personaggio del fisico. Max/Mastandrea è un trentenne colto, di classe sociale alta che entra in contatto per caso con il pastore. Max riassume in sè quanto avvenuto nell’evoluzione sociale, morale e politica del nostro paese.

Cosa ha chiesto al direttore della fotografia, lo stesso di “Lavorare con lentezza”?
Il tentativo di Gherardo Gossi, partendo da un’illuminazione naturale, è di dare una maggiore profondità all’immagine. Abbiamo lavorato molto sulla profondità di campo che spesso manca nel cinema, forse perché l’uso di tecniche digitali abitua a vedere il film con un occhio prevalentemente televisivo. E abbiamo in parte esasperato i colori degli ambienti, quasi a renderli tattili, evidenti, senza però che abbiano un loro significato autonomo.

 

Di nuovo ha voluto Valerio Mastandrea.
E’ un attore eccezionale, che riesce in maniera diretta e naturale ad esprimere la complessità dei personaggi che interpreta. Forse perché lui stesso è una persona complessa.

Come definirebbe il suo cinema?
Realismo critico, per usare un’espressione forse antipatica. Un cinema che a partire da dati reali costruisce un punto di vista soggettivo, non celato, lontano da quel naturalismo così spesso presente nel nostro cinema d’autore.

Il film si candida per Cannes o Venezia?
Venezia ha portato fortuna a Velocità massima. Certo mi piacerebbe, ma ogni film ha il suo destino. Non amo mettermi in coda, né ho l’abitudine di prenotare il festival. Ogni film deve guadagnarsi la sua visibilità.

autore
22 Ottobre 2004

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