L’Italia alla Quinzaine, i partigiani sulla Croisette. Daniele Gaglianone porta I nostri anni al festival accompagnato dai tre interpreti del suo film, Piero Franzo, Giuseppe Boccalatte e Virgilio Biei, che non sono attori ma anziani ex combattenti della Resistenza.
Per Marie-Pierre Macia, deleguée general della sezione che Godard definisce la più interessante del festival, è una cosa entusiasmante. “Avere questo film e quello di Straub-Huillet a due giorni dal risultato elettorale italiano è veramente un fatto importante, che ci riempie di orgoglio”.
Intanto i festival stranieri si fanno avanti (esistono alcune copie de I nostri anni sottotitolate a cura di Italia Cinema in inglese, francese e spagnolo) per portare in giro per il mondo questa impresa ultraindipendente.
E pensare che nessuno lo voleva, commenta il produttore Gianluca Arcopinto. “Non abbiamo trovato soldi per questo progetto e neppure un festival prima di Torino.
Per Arcopinto questa è la seconda volta a Cannes. “La prima sono venuto con Nella mischia di Zanasi e un gruppo di adolescenti che si stupivano perché i francesi hanno i numeri uguali ai nostri, stavolta sono qui con tre giovanotti di settant’anni che non si meravigliano di niente”.
Cannes, per I nostri anni vuol dire anche un’uscita in sala con la Pablo. Uscita difficile per un’opera prima senza attori famosi, in bianco e nero, piuttosto ardua nella struttura, dedicata a una pagina della nostra storia che qualcuno vorrebbe dimenticare o giudica noiosa. “Abbiamo sofferto perché credevamo in qualcosa che oggi ci stanno calpestando”, commenta Virgilio. Che nel film è uno dei due ex partigiani pronti ad uccidere il repubblichino, ormai bloccato su una sedia a rotelle, per vendicare la morte di un compagno.
E’ il passato che non passa, come dice il trentaquattrenne Gaglianone. Lunghi anni di apprendistato alle immagini nell’Archivio della Resistenza insieme a Paolo Gobetti. “Ma questa è anche una storia di amicizia, di giovani che sono diventati vecchi. E dell’amarezza di chi si sente rifiutato dal mondo in cui vive, sconfitto anche se un tempo era il vincitore”. Per Gaglianone il voto italiano è fisiologico in un paese senza memoria. “E’ un miracolo se la gente ricorda cosa è successo ieri, figuriamoci la Resistenza”. Lui, però, ha voluto ricordare.
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