C’è anche Radu Mihaileanu, il regista di Train de vie e Il concerto, al convegno “Diamo stabilità al cinema: il modello francese”, organizzato dai Centoautori e da Cinecittà Luce al Quattro Fontane di Roma. Il regista romeno, ma naturalizzato francese, è chiamato a intervenire a nome dell’Arp, la società degli autori, registi e produttori d’oltralpe, di cui è presidente. E non le manda a dire: “I tagli alla cultura sono inaccettabili. La cultura è l’essenza dell’essere umano, rappresenta le fondamenta della casa, se si taglia lì poi non ci si sorprenda dei crolli economici, culturali e sociali che ne vengono. Per questo siamo pienamente solidali con i nostri colleghi italiani”.
L’incontro, coordinato da Maurizio Sciarra, giunge alla fine di una lunga e faticosa stagione di lotte per il cinema italiano. Tutto il comparto è rimasto per mesi col fiato sospeso, minacciato da tagli drastici, praticamente mortali. Tagli ora rientrati. Ma come dice Stefano Rulli, presidente dei Centoautori: “Se il ministro Tremonti ha deciso in extremis di concedere un finanziamento certo che stabilizza il tax credit per un triennio e dà riequilibrio del Fus, come autori diciamo che è importante anche sapere di che tipo di finanziamento si tratta. Occorre capovolgere lo stereotipo che i registi di cinema siano dei privilegiati, gente che produce merci irrilevanti e che chiede continuamente soldi allo Stato. Bisogna creare un Centro nazionale di cinematografia con finanziamento autonomo basato sul prelievo di scopo sui media che utilizzano i nostri film. Oggi invece sta passando l’idea che noi mettiamo le mani in tasca agli spettatori con le accise sulla benzina”.
Per l’amministratore delegato di Cinecittà Luce, Luciano Sovena: “Siamo usciti dal de profundis e siamo passati dalla protesta alla proposta. Questo convegno vuole superare la fase della lamentela e trovare nell’esperienza francese lo spunto per mettersi completamente al servizio degli autori, dei produttori indipendenti e dei documentaristi. Le tante candidature ai David che Cinecittà Luce ha ottenuto per tre film, i soli che abbiamo distribuito nella scorsa stagione, testimoniano questo nostro impegno. Vogliamo cominciare a essere, sia pure in piccolo, la futura agenzia del cinema italiano“.
Altro tema fondamentale quello della tassa di scopo su cui Nicola Borrelli, DG Cinema del ministero dei Beni Culturali, dice: “E’ auspicabile, ma se sia fattibile è nelle mani del legislatore”. Borrelli annuncia anche che la prossima settimana il neoministro Giancarlo Galan andrà alle Camere per presentare il suo programma e incontrerà la Consulta spettacolo. Lo conferma il senatore del Pd Vincenzo Vita, vicepresidente della Commissione Cultura e unico politico presente al convegno: “il nuovo ministro dei Beni Culturali Galan verrà mercoledì in Senato per illustrare la politica culturale del governo”. A Galan, sottolinea Vita, proporremo di sederci intorno a un tavolo e riprendere a lavorare su una legge di riforma del cinema, di cui c’è gran bisogno, soprattutto in merito alla creazione di un Centro nazionale di cinematografia sul modello francese e del prelievo di scopo su tutta la filiera”.
Parlano davanti a una sala molto affollata e qualificata, i relatori. Tra i presenti i produttori Fulvio Lucisano, Tilde Corsi, Angelo Barbagallo, Gregorio Paonessa, Nicola Giuliano, Grazia Volpi, Amedeo Pagani, il presidente del Sncci Bruno Torri, Lamberto Mancini di Cinecittà Studios, i registi Aureliano Amadei, Mimmo Calopresti, Gianfranco Pannone, Emidio Greco, Valerio Jalongo, Francesco Martinotti. Per stimolare il dibattito viene proiettato uno stralcio del documentario di Matteo Berdini Esordire in Europa, prodotto da A.G.P.C. Molto intervistato, nel filmato, il direttore cinema del Cnc Olivier Wotling che racconta come nel suo paese si producano oltre 200 film l’anno di cui 70 sono opere prime. “In Francia finanziare la cultura non viene mai messo in questione, è un fatto naturale”, sintetizza.
Spiega Florence Gastaud, delegato generale di Arp: “Esiste un ecosistema del cinema francese grazie a un fondo alimentato da tre tipi di tassazione: sul biglietto, sui video e sui provider (reti tv e internet). Ogni anno viene investito nel cinema francese un miliardo di euro, da 500 a 700 mln vanno al Cnc e sono destinati esclusivamente al cinema circa 228 mln euro ripartiti tra produzione, distribuzione ed esercizio”. La tassa sul biglietto non ricade sugli spettatori, perché viene applicata attraverso un abbassamento dell’Iva. Ma non sono tutte rose e fiori neanche da loro. Gastaud racconta anche la lotta quotidiana condotta dai cineasti francesi “perché le reti tv non si tirino indietro o perché il presidente Sarkozy non intrecci con loro rapporti troppo privilegiati”. Ma, sottolinea Andrea Purgatori per i Centoautori: “La situazione italiana è più complessa: i provider della rete non pagano neanche il diritto d’autore, mentre esiste com’è noto un duopolio televisivo che rasenta il monopolio, ci sono lobby di potere che impediscono queste misure”. “Norvegia e Italia sono gli unici paesi europei dove le televisioni non sono obbligate a investire nel cinema”, ci informa Elisabeth Sjaastad della Fera, la federazione che raccoglie autori e cineasti di 29 paesi europei e che ha appena festeggiato il trentennale proprio a Cinecittà.
Dice ancora Mihaileanu: “In Francia i grandi film finanziano i piccoli film e questo protegge la diversità. L’1% degli incassi di un film americano va a finanziare il cinema francese, in questo modo la quota di mercato del cinema americano è scesa sotto il 50%”. Infine propone un patto di ferro Jean-Paul Salomé (vicepresidente Arp): “Abbiamo bisogno di voi per difendere il sistema europeo. Il cinema indipendente è attaccato da tutte le parti, le sale indipendenti sono in pericolo a Parigi e nel resto della Francia. Si tende a omogeneizzare i gusti e nascono sempre meno capolavori. Noi francesi siamo diventati paranoici e cattivi, e vi chiediamo di esserlo anche voi”.
E sulla nuova coppia franco-italiana, chiude con una battuta Florence Gastaud: “In questa fase è fondamentale, a patto che sia più sul tipo Deneuve-Mastroianni che Sarkò-Carlà”.
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