Non basta amare i gatti per credere di capire la loro psicologia, solo vivere con un gatto permette di intuire – e nemmeno fino in fondo – il loro complesso fascino psicologico. Come tutti i luoghi comuni, un po’ di verità sulla dignitosa indipendenza o sull’eccentricità altera verso l’umano, hanno un fondo di verità, ma altrettanto può non essere vero che il micio adori stare da solo o non si senta parte di un “branco”.
La storia dei gatti è piena di micini orfani che, proprio per la loro innata capacità di ammaliare non solo per il valore aggiunto di essere cuccioli, ma per l’idea di poter prendere in mano, accarezzare e dominare una fiera, strega l’umano: tra spirito di cura e curiosità per il mistero dell’animo felino, non pochi piccoli mici trovano così una casa, come succede a Rroû, nato sui tetti di Parigi e salvato da un’altra cucciola, l’umana bambina Clémence (Capucine Sainson-Fabresse, al suo secondo film: nel 2021 ha recitato in Le trésor du petit Nicolas e nella serie televisiva Sauve Lisa).
Dal romanzo di Maurice Genevoix, Rroû, prende vita l’avventura cinematografica della bambina e del suo gattino, un’amicizia preziosa: un romanzo di formazione, in cui sono fondamentali il senso di cura, l’identità e la libertà, di entrambi i protagonisti; con l’istinto che ci mette lo zampino, infatti, è il trasferimento in campagna per il periodo delle vacanze a mettere la bambina di fronte all’evidenza che il micino, oltre la gigantesca affezione reciproca, sia però, pur sempre, una creatura della Natura, di cui lì sente il richiamo primordiale. Dunque, assecondare il proprio bisogno, in fondo egoistico, o dimostrare il bene accondiscendendo al bisogno dell’altro, nonostante questo possa comportare una ferita emotiva?
Il romanzo del ’31 – ripubblicato nel 2010 e nuovamente nel settembre 2022, riedito brossurato in occasione dell’uscita del film -“sappiamo fosse il libro della buonanotte di Stéphane Millière – uno dei produttori del film, quando era bambino. Ne ha acquistato i diritti circa dieci anni fa. Mi ha contattato dopo aver visto il mio primo film, Ailo – Un’avventura tra i ghiacci. Ho letto il libro e l’ho visto come una sfida particolarmente complessa! I valori trasmessi dal romanzo sono universali, ma la sua ambientazione, molto influenzata dagli Anni ’30, doveva essere modernizzata per parlare al giovane pubblico del XXI secolo e permettergli di identificarsi con i personaggi”, spiega Guillaume Maidatchevsky, regista di Vita da Gatto – già presentato al Giffoni 2023 -, che dello scritto di Genovoix ha conservato “il punto di vista dell’animale, il modo in cui percepisce la natura. Questo è molto più interessante con un gatto perché, a differenza di un cane che può essere ‘addomesticato’ abbastanza rapidamente, il felino è al confine tra due mondi: quello domestico e quello esterno. Ha un lato indomabile, irrefrenabile. Come dice Genevoix nel suo romanzo, ‘il gatto acconsente’. Effettivamente, non mi piace l’idea di appartenenza. Non mi piace l’idea di sedentarietà, di essere ‘schiavo di…’, ‘incatenato a…’. Ed è per questo che amo i gatti! Senza dipendere dall’altro, possiamo comunque condividere le cose con lui, comunicare, ascoltarlo. L’importante è condividere e osservare”.
Con Rroû e Clémence, nel film c’è anche Madeleine, interpretata da Corinne Masiero, attrice francese di personalità, che per il grande pubblico delle serie da quasi un decennio è Capitaine Marleau: il regista racconta di averla “incontrata a casa sua, a Roubaix. Lei aveva visto Ailo e le era piaciuto molto. Le ho detto: ‘Vorrei filmarti come faccio con gli animali’. Si è messa a ridere. Intendevo dire che filmo l’animale il più vicino possibile, in modo organico. Ho anche sentito che fosse estremamente sensibile nel suo rapporto con la natura. Ed è molto rispettosa: ha capito subito che i protagonisti erano la bambina e il gatto”.
Maidatchevsky per i suoi film precedenti s’è misurato con ambienti naturali “estremi”, dall’Africa alla Lapponia, e – riferendosi qui a una natura più abbordabile, quotidiana, ammette che sia stato “più complicato creare belle ambientazioni in cui le persone vivono ogni giorno”. Il regista è indubbiamente un osservatore della natura e degli animali, è un cosmo che ama, e questo espira dai suoi film: del gatto si coglie subisca la bellezza flessuosa, il silenzio misterioso, la grazia inquietante, e – in fondo – qui lo rende l’eroe del racconto.
Nel frattempo dell’uscita del film, Vita da gatto, il 18 aprile distribuito da Plaion Pictures, Maidatchevsky conferma l’impegno per il progetto sequel di Ailo: “Kina & Yuk racconta le avventure di due volpi polari sullo sfondo del riscaldamento globale” che ha girato nello Yukon all’inizio del 2023. “Inoltre, ho appena finito di scrivere l’adattamento di Jules, un romanzo di Didier Van Cauwelaert: la storia di un cane guida, la cui padrona recupera la vista”.
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