“C’è ancora molto da implementare – ha ammesso David Bush direttore di Cinecittà Digital – ma le premesse sono qualitativamente promettenti”. C’è un mito però da sfatare, tra i tanti, sulla proiezione digitale via satellite: se la trasmissione satellitare di prodotti televisivi (sport ed eventi vari) può avvenire in tempo reale, e cioè la sala cinematografica riceve il segnale che proietta sullo schermo esattamente nello stesso istante in cui questo viene trasmesso dalla sorgente, per il prodotto cinematografico il procedimento è più complesso.
Vista l’enorme mole di dati che servono per conservare la qualità delle riprese originali, il segnale deve viaggiare ad Alta Definizione (HD) e suddiviso in tanti “pacchetti IP” (“pezzettini” di banda satellitare). Per scaricarlo sul “server storage” di ogni sala cinematografica servono dalle 7 alle 10 ore. Un’operazione che verrebbe fatta la notte precedente la prima proiezione del film. In più l’esercente deve controllare che tutti i dati siano stati ricevuti correttamente, per evitare di proiettare un film incompleto. Per capirci: il rischio di sbagliare a montare i rulli sul proiettore o di saltarne qualcuno ancora esiste. Solo, ha cambiato nome e la colpa non è più del proiezionista ma di alcuni pacchetti di dati detti “IP” e di qualche ingegnere elettronico assonnato. Urleremo ancora: “Fuoco!” e “Quadro!”, oppure… “Capo…il pacchetto IP!”?.
Il problema reale è, ovviamente, economico: la Elsacom e Cinecittà Holding stanno coinvolgendo numerosi partner per far sì che dalla sperimentazione tecnica si passi a quella di mercato. Oggi convertire una sala cinematografica al digitale costa circa 600 milioni, perché i prodotti sono allo stadio di prototipo. Tra qualche anno si spera di far scendere il prezzo della metà, o anche più. Ma chi fa il primo passo? E in quanto tempo un esercente recupera l’investimento? Il fatto è che se nessuno inizia nessuno produrrà film in digitale. E se nessuno produce film in digitale chi vorrà spendere per convertire una multisala?
Per il momento la soluzione è nelle mani delle istituzioni pubbliche, che dovrebbero sostenere gli investimenti e dare così l’avvio al cinema del terzo millennio.
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