Per i latini è “nomen omen”, a specificare che l’identità del proprio nome porti scritto in sé il destino di chi si sia, e così si potrebbe dire di Godwin, nome proprio del personaggio interpretato da Willem Dafoe in Povere Creature! di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone nella parte di Bella, insieme a Mark Ruffalo e Ramy Youssef.
Insomma, il dottor Baxter, Godwin appunto – ovvero, “Dio” e “vincere” – è un po’ un deus ex machina dell’esistenza di Bella Baxter, che di lui porta il cognome, seppur, biologicamente, non sia la figlia, anche se… è stato lui a crearla o, come dice nel film, “…è un esperimento … una fiaba a lieto fine …”: “tecnicamente, sei il tuo bambino”, spiega il medico a Bella; sì, perché Godwin – nella vicenda – ha trovato un corpo in dolce attesa, riverso nell’acqua a seguito di un gesto suicida, ma non ancora in rigor mortis, stato che gli ha permesso di strapparlo all’oblio, espiantando dal bambino in grembo il cervello per collocarlo nella testa della fanciulla, esempio di “meraviglioso ritardo”, come lo definisce l’allievo chirurgo Max (Ramy Youssef), chiamato dal Dottore a seguire i progressi di Bella, poi promessagli in sposa.
La (vera) famiglia di Dafoe è una famiglia di medici, anche se secondo l’attore questo non ha influenzato la sua creazione del personaggio “ma… sono cresciuto in continuo contatto con gli strumenti chirurgici, spesso da adolescente accompagnavo mio padre; negli anni della crescita, sono stato in mezzo alla malattia, ai tentativi di curarsi, così ho creato un particolare legame con questo film. Se ci si pensa, per la maggior parte delle persone star male o dover andare in ospedale fa paura, mentre per me è come un ritorno in famiglia, c’è un certo senso di fiducia”. Inoltre, Willem Dafoe, per interpretare il suo dottore, ha dovuto sottoporsi a un sofisticato trucco del volto: “l’ho fatto prima (di questo film) e lo rifarò ancora: è un fantastico mezzo perché l’applicazione di una maschera fa svanire te stesso e fa emergere qualcun altro, ti offre lo spazio per sentire altri modi di essere; è il cuore del ‘far finta’. È comodo? No. È entusiasmante? Sì”.
Nel film, l’esperimento che lui pratica su Bella vive tra il fascinoso, il chirurgico, il mostruoso e il dubbio etico, lì dove nel frattempo c’è tutta la vita di lei, che certamente ha lo sviluppo cognitivo e psicomotorio di una bambina nel corpo di una donna, ma a cui Godwin riconosce il libero arbitrio in quanto essere umano, e dunque – a malincuore, nonostante la sua forma mentis razionalmente scientifica – le consente la libertà. Una libertà conquistata dapprima con l’avvocato viveur Duncan Wedderburn, Mark Ruffalo, che la persuade a liberarsi dalla gabbia di cui sono metafora la casa e l’esistenza che Godwin ha creato per lei, ma questo porta Bella a passare “di gabbia in gabbia”, da Londra a Parigi, da Lisbona a Alessandria d’Egitto, da una lussuosa nave da crociera a un bordello, vivendo così l’“esperienza” della vita, liberata man mano dal profilo maschile, che anzi usa per il raggiungimento ricorrente del proprio piacere sessuale, e al contempo impara ad usare come mezzo di sostentamento, quando necessario, sempre per l’affermazione della propria autodeterminazione.
“La storia, naturalmente, prende a prestito a piene mani Frankenstein, ma c’è una differenza: quel mostro crea repulsione, mentre Godwin quasi s’innamora della sua creatura, le dà una seconda chance, come a sé. La sensazione è che sia qualcosa di non ortodosso, ma lui lo vede come un atto generoso, entusiasmante. Lanthimos è un regista che ha la capacità di creare un mondo: lui ti crea un mondo e tu entri, non ti dà indicazioni di regia, tu fai, ti osserva, te lo fa abitare quel mondo, e poi apporta aggiustamenti. Emma è eccezionale: girava tutto intorno a lei, che con Lanthimos ha un rapporto particolare, ormai è una musa. Noi eravamo sul set per dare supporto a lei, che non ha atteggiamenti da diva, è flessibile e di talento. Lanthimos è riservato ma ti stuzzica, è così che ti spinge a recitare, e io do il meglio nello stare con le persone e nel processo di ricerca che emerge da questo, senza che ci sia un forte elemento di narcisismo, perché la bellezza sta nella creazione del personaggio, che ti fa mettere un po’ da parte per riuscire a interpretare la vita di qualcun altro”.
Bella pretende e riesce a sbarcare il lunario del mondo, e non quello “di cristallo” che aveva immaginato per lei il dottor Baxter, ma la vita ha delle regole spietate e anche a un genio come lui succede di essere piegato dalla malattia, escamotage narrativo, e calamita emotiva, per far tornare Bella a casa, lì dai suoi primi affetti, Godwin e Max, ma anche lì dove tutto è cominciato e lì dove risiede la verità dell’esistenza di questa creatura, verità che lei scopre – assemblando dettagli, come la cicatrice disegnata sul suo ventre o quella dietro la nuca –, verità che le fa chiamare “mostri!” il suo “papà” non biologico e Max, a conoscenza di tutta la questione, anche se – afferma lei stessa – “trovo che essere vivi sia affascinante, per cui ti perdono l’atto in sé”.
“Posso dire che c’è tanto umorismo per la rappresentazione degli uomini nel film, uomini oppressivi”, continua Dafoe. “Quella che viene mostrata è la capacità di resistenza sessuale delle donne, a differenza degli uomini. Siamo in un momento storico con un turbinio di cambi di punti di vista e onestamente non so dire se vent’anni fa il film sarebbe stato accolto come oggi; però questo film esprime una liberazione personale attiva, e la vediamo attraverso gli occhi di una donna”.
Lanthimos, con Povere Creature!, film Leone d’Oro a Venezia 2023 e – al momento – vincitore di 2 Golden Globe e del Critics’ Choice Award a Emma Stone, è uno di quei film che fanno dire: “capolavoro”, per l’originalità assoluta di una favola esistenzialista che calibra l’onirico – che il cinema dovrebbe sempre essere capace di evocare e mettere in scena -, ma anche il mistero della vita e i dubbi realistici sull’esistenza e l’essenza dell’uomo, sulla dinamica vittima-carnefice, sia esso un chirurgo con il sogno di Frankenstein o un essere umano che limita la libertà a un altro essere umano. Questo film si potrebbe dire abbia lo spirito guida di Tim Burton, la capacità dell’essenza del sogno di Fellini e la chirurgia fisica e metaforica di Cronenberg, non risultando però un collage di “altri” ma restituendo l’unicità del suo autore, Yorgos Lanthimos, un creatore di visioni, definizione su cui concorda anche Dafoe: “i registi sono importanti perché, come attore, è importante concedersi a qualcuno con una visione forte. Quello che mi piace è avere a che fare con chi ha una visione chiara, poi tu cerchi di abitarla. Non dev’essere necessariamente qualcosa che io capisca immediatamente, ma qualcosa che cerco di prendere e trasformare, per dar vita all’esistenza interiore del personaggio”.
Dafoe, nei giorni scorsi, è stato onorato di una Stella sulla Walk of Fame di Los Angeles, e racconta sia “stata una bellissima cerimonia; mi sono sentito di far parte di una comunità; avere una stella viene universalmente riconosciuta come una gratifica, ma è anche difficile pensare che una mattonella mi sopravviverà”.
Povere Creature! esce al cinema dal 25 gennaio, distribuito da The Walt Disney Company.
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