Federico Fellini è una delle colonne portanti del cinema italiano e mondiale: nei suoi quasi cinquant’anni di carriera ha diretto 19 lungometraggi, ottenendo innumerevoli riconoscimenti e diventando anche il regista italiano più premiato dall’Academy, con ben cinque Oscar, di cui uno alla carriera. Il suo genio, tuttavia, è andato oltre i confini “cinematografici” ed è stato talmente pervasivo da aver influenzato molti campi, dal disegno alla scrittura fino alla lingua.
In occasione della Giornata Mondiale del Cinema Italiano, che si celebra il 20 gennaio, anniversario della nascita di Federico Fellini, gli esperti di Babbel, l’azienda per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni live e su app, hanno individuato alcune delle parole ed espressioni “inventate” dal regista romagnolo, mostrando come “un linguaggio diverso è una diversa visione di vita” (citando proprio uno degli aforismi felliniani più noti).
“Molti dei termini che utilizziamo nella vita di tutti i giorni sono riconducibili a figure chiave del panorama artistico, sociale e politico italiano – da Dante a Gabriele D’Annunzio – ha commentato Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel -Tra i ‘neologisti’ più prolifici va citato naturalmente anche Federico Fellini, il regista ‘dai mille volti’ che ha segnato non solo il gergo specialistico del settore cinematografico, ma anche la lingua d’uso comune, in Italia e all’estero”.
Non tutti sanno che Fellini ha talmente segnato la storia culturale d’Italia che perfino alcuni dizionari ne hanno riconosciuto il valore: a lui dobbiamo infatti la creazione di moltissime parole, diventate ormai di uso comune, ma popolarizzate dai suoi capolavori senza tempo. Qui di seguito l’ABC del vocabolario felliniano:
Felliniano: questa parola non ha soltanto un significato letterale (ovvero qualcosa di relativo a Fellini e al suo cinema), ma rimanda anche e soprattutto alle atmosfere oniriche, in molti casi assurde e grottesche, dei suoi film e al confine labile tra reale e fantastico. “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo”, avrebbe detto in un’intervista il regista: un sogno realizzatosi non solo in italiano, ma anche oltreconfine – come, per esempio, nel termine inglese felliniesque, in quello spagnolo felliniesco e nel francese fellinien.
Dolcevita/dolce vita: il celebre lungometraggio La dolce vita esce nelle sale nel 1960, “imponendosi” presto nell’immaginario popolare come il film per eccellenza di Fellini, un cult che ha stregato il pubblico di tutto il mondo; iconica è, ad esempio, la scena del bagno nella Fontana di Trevi che vede protagonisti Anita Ekberg e Marcello Mastroianni. Questo film, però, ha lasciato un profondo segno anche dal punto di vista linguistico. L’italianismo “la dolce vita” è entrato a far parte del vocabolario internazionale come sinonimo di “vita mondana”, un chiaro riferimento al periodo di benessere e spensieratezza vissuto dall’Italia nel corso degli anni ‘50 e ‘60, decenni di rinascita per il Paese pronto a ricominciare e lasciarsi alle spalle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Un altro termine del linguaggio di tutti i giorni è “figlio” di questo lungometraggio, ovvero il “dolcevita”, il maglione a collo alto: questo capo di abbigliamento, tanto apprezzato nella vita reale da Mastroianni, è infatti collegato direttamente alla centralità dell’attore nel film. Sebbene non si sappia esattamente quando il dolcevita abbia cominciato a chiamarsi così, una delle prime apparizioni di questo termine risale al 1969, entrando poi nel linguaggio comune e nel gergo della moda anche in inglese e francese.
Paparazzo: è un’altra parola resa celebre da La dolce vita. Più specificatamente, Paparazzo è il cognome di uno dei protagonisti, fotografo di professione; per antonomasia, quindi, questa parola è passata ad indicare un fotoreporter a caccia di scandali e celebrità, pronto a tutto per uno scatto rubato da vendere alle riviste scandalistiche. L’origine del cognome, tuttavia, si perde nel mistero e svariate sono le teorie al riguardo: forse un compagno di scuola di Fellini, forse un personaggio di un’opera dello scrittore inglese George Gessing, o ancora, l’unione della parola “pappataci” (un insetto simile alla zanzara) e “ragazzo”.
Amarcord: espressione dialettale romagnola, “a m’arcord” (letteralmente, “mi ricordo”) e titolo del film più autobiografico di Fellini (1973), questo neologismo è associato al significato di “rievocazione nostalgica dei tempi che furono”. Il lungometraggio Amarcord presenta un viaggio onirico alla scoperta dei ricordi del regista sulla sua città natale, Rimini: in altre parole, un ritorno alle sue origini.
Vitellone: si tratta di una parola non particolarmente conosciuta al giorno d’oggi, ma entrata nel vocabolario italiano ed europeo – attestata almeno anche in inglese e francese – grazie all’influenza di Fellini. Espressione dialettale di origine abruzzese, il termine non si riferisce al bovino, bensì ad un “giovane fannullone, vanesio e sciocco”. Questa parola trova la sua fortuna a livello nazionale nel primo grande successo del regista (I vitelloni, 1953): un film-commedia incentrato sulle avventure di cinque mascalzoni di provincia, i “vitelloni”, uno dei quali interpretato da un’altra icona del cinema italiano, Alberto Sordi.
Bidone: oltre al suo significato letterale, il “bidone” è un colloquialismo di uso comune riferentesi alle truffe e agli imbrogli, ma anche agli appuntamenti o agli impegni mancati, e popolarizzato dall’omonimo film di Fellini del 1955.
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