Da Torino la solidarietà a Panahi e Rasoulof


Dopo l’iniziativa a Roma del 28 febbraio il mondo della cultura e del cinema italiano si è stretto di nuovo stringe intorno ai registi iraniani Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof, a Torino martedì 1 marzo. Al Museo Nazionale del Cinema tanti gli intellettuali, i rappresentati del mondo dell’arte e della cultura e il pubblico, che hanno aderito e partecipato alla serata di solidarietà.

Alberto Barbera ha affidato alle parole dello stesso Panahi, attraverso la lettera che inviò al Festival di Berlino, l’apertura della manifestazione. Parole semplici e colme di dignità umana e di poesia, con la quale il regista dichiara che “nonostante tutto resterà in lui la possibilità di continuare, nella sua mente, a girare i suoi film dando corpo ai suoi sogni”. E di sognare che tra vent’anni l’inquisizione e l’intimidazione saranno sostituiti dalla libertà di pensiero e dalla tolleranza reciproca”.
Barbera ha poi chiuso il suo intervento leggendo alcune dichiarazioni del regista iraniano Rafi Pitts, dove si auspica un’azione contestativa che, sia dall’interno che dall’esterno, attraverso la messa in discussione dei principi fondamentali del regime e le manifestazioni simboliche, possa provocare l’imbarazzo del potere e testimoniare l’indignazione per la condanna dei due registi.

Il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, ha esposto la situazione socio-politica relativa all’Iran, ma non solo. E ha rilevato come questa stia degenerando e come le manifestazioni di questo genere siano necessarie.

 

Il giornalista di origine iraniana Ahmad Rafat, ha sottolineato come la situazione di Panahi sia assurda. Ha ricordato l’arresto del regista per aver partecipato alla commemorazione della giovane donna uccisa durante la contestazione delle elezioni di giugno 2010 che avevano decretato il secondo mandato presidenziale di Ahmadinejad, e come, in quell’occasione, le forze dell’ordine non riuscirono a disperdere la folla, che si stringeva intorno al regista. Ha ricordato le poltrone vuote a Cannes e a Berlino, e parlato di quelle che ancora, prossimamente, resteranno vuote. E infine, con un richiamo alla sensibilità artistica di Panahi sapientemente tradotta in arte cinematografica, ha fatto appello affinché continuino le mobilitazioni, attraverso tutte le forme percorribili, nella speranza di una possibile revisione dei capi d’accusa e di conseguenza un ridimensionamento, se non un annullamento, della pena.

 

Hamid Ziarati, giornalista e scrittore iraniano, amico di Panahi, ha portato un saluto e un ringraziamento diretto del regista, sentito telefonicamente qualche giorno prima e con il quale rifletteva sulla ragione per la quale ancora nessuna risposta era pervenuta dalla Corte d’Appello, a oltre due mesi dalla sentenza. Ed è presumibile che la causa di tale ritardo siano le manifestazioni in suo favore, moltiplicatesi per il mondo, che hanno messo imbarazzo nel regime, e pertanto, quella che è stata tracciata, è indubbiamente la strada da percorrere.

Si può aderire alla mobilitazione firmando la petizione su
http://www.museocinema.it/ e su
http://www.facebook.com/home.php#!/event.php?eid=137196166345863.

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