Cronenberg, mappa crudele della celebrità

Nel nuovo film in concorso a Cannes e in sala dal 21 maggio, David Cronenberg se la prende con Hollywood mettendo in scena con spunti di commedia, il cinismo, l'avidità e la disperazione delle star


CANNES – Hollywood è un microcosmo di avidità, cinismo, crudeltà e disperazione nel nuovo David Cronenberg, Maps to the star, molto atteso a Cannes, con proiezioni affollatissime. Il suo 21° film, il 5° in competizione al festival, il primo “hollywoodiano” (ma girato quasi tutto nella solita Toronto, a parte cinque giorni a Los Angeles), è piuttosto lynchiano, almeno nelle intenzioni. Scritto con Bruce Wagner, romanziere noto per la satira graffiante nei confronti delle celebrities, che negli anni ’90 faceva l’autista di limousine e quindi ne ha viste tante, prosegue il percorso intrapreso con Cosmopolis e teorizzato in A Dangerous Method: psicoanalisi e critica sociale con il tocco inconfondibile dell’autore di Crash. “Non ce l’ho con i divi o lo show business, non provo repulsione per questo ambiente – dice il regista canadese – le stesse cose si potrebbero dire di Wall Street, l’ambizione smodata è la stessa, il vuoto è lo stesso”. Ma poi parla anche di una “cultura della celebrità” di cui gente come Lindsay Lohan o Paris Hilton sono i perfetti esempi, sempre e comunque sulla cresta dell’onda, a tutti i costi, con abuso di alcol e droghe incluso. E aggiunge: “Certo, ha a che fare con l’ambizione e l’identità, ma non si applica solo alla gente famosa, è qualcosa di più universale, riguarda chiunque stia cercando di avere successo e di fare soldi nel suo campo e di restare sulla cresta dell’onda, quindi quasi chiunque nel mondo del business o della finanza o dello spettacolo”.

“Warhol diceva che in futuro tutti avranno 15 minuti di fama, ma adesso tutti vogliono essere famosi sempre”, stigmatizza Wagner. Ma per ora ci vuole una mappa delle star – esistono davvero ad uso dei turisti che a Hollywood si mettono a caccia di qualche divo – per muoversi nella labirintica e fintamente solare Los Angeles. E poi più che una mappa delle star il film è una mappa dello sfacelo (mentale ancor prima che mortale) in cui si vive. Guidati da Agatha Weiss (Mia Wasikowska), una giovane piromane che torna a L.A. dopo la riabilitazione in clinica psichiatrica facciamo la conoscenza con i personaggi di Cronenberg. Allontanata dalla famiglia, che non vuol più saperne di lei, Agatha porta indelebili sul viso e sul corpo – indossa sempre lunghi guanti neri – i segni del tragico rogo in cui anni prima ha quasi ucciso il fratello minore. Anche il suo corpo, cronenberghianamente, è la carta geografica di un disagio che viene dal passato, come per tutti gli altri. Il padre di Agatha, Sanford (John Cusack) è uno psicoterapeuta mediatico e autore di best seller di aiuto aiuto con clientela d’alto bordo e risolve traumi mescolando tecniche di autocontrollo e manipolazioni vertebrali. Sanford ha sposato sua sorella Cristina (Olivia Williams) e dall’unione incestuosa è nato, oltre ad Agatha, il viziato Benjie, diventato l’arrogante teen star di un film di successo, Bad babysitter, di cui si sta girando il sequel. Benjie vive sotto il controllo ossessivo della mamma, che è anche la sua agente. Agatha, grazie all’amicizia stretta su twitter con Carrie Fischer, trova lavoro presso Havana Segrand (Julianne Moore), attrice dalla carriera in declino e figlia d’arte – la madre sfiorò l’Oscar per un film di cui è in cantiere il remake e Havana, inutile dirlo, vorrebbe il ruolo che fu della genitrice, che odia nonostante sia morta e accusa di attenzioni pedofile nei suoi confronti. E, nel circo delle vanità, c’è anche Robert Pattinson che ritroviamo in limousine come in Cosmopolis ma stavolta in veste di autista. Amico di Agatha, con cui ha un certo feeling anche perché sta scrivendo una sceneggiatura sugli incendi, si lascia però volentieri sedurre da Havana e la possiede sui sedili posteriori dell’auto – come nell’altro film faceva con Juliette Binoche – mentre Agatha vede tutto dalla finestra.

Tra l’altro il sesso in macchina sembra essere un’altra delle molte ossessioni di Cronenberg. “Fa parte della rivoluzione sessuale anni ’60, quando i giovani poterono finalmente sfuggire al controllo dei genitori sui sedili posteriori”, spiega lui. Tutti sono assediati da fantasmi, che parlano e camminano come se fossero vivi, e c’è anche una battuta che rimanda al Sesto senso e strappa una risata. “Ho finalmente fatto una commedia? Ma non faccio altro, del resto anche l’inferno di Dante era una Divina Commedia, questo è una commedia, un dramma familiare con echi di incesto e un horror”, chiosa il 71enne regista. E Julianne Moore, bravissima a rendere il mix di ipocrisia, depressione e isteria di Havana, che per esempio quando ottiene la parte perché il figlioletto della rivale è morto in un incidente, si mette a cantare e ballare dalla gioia, aggiunge: “La tragedia è ridicola, la vita è ridicola, in tutto puoi trovare da ridere”. Maps To The Stars è in sala dal 21 maggio distribuito dalla Adler Entertainment in 250 copie.

19 Maggio 2014

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