Crollo delle esportazioni di prodotti audiovisivi


Il crollo delle esportazioni di prodotti audiovisivi italiani dai 250 milioni di euro del 2002 ai 93 milioni del 2011. Il box office complessivo dell’Italia sull’estero nel 2012 è solo del 9%, mentre la Francia è il 25%. Sono fra i dati emersi dalla ricerca ‘Progetto di internazionalizzazione delle imprese dell’audiovisivo”, presentata da Unindustria e Distretto dell’audiovisivo e dell’Ict, stamani a Roma.

 

“E’ un dato molto negativo per l’Italia, c’è un forte squilibrio fra import ed export. Bisogna – spiega Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa e vicepresidente Unindustria con delega ad industria creativa, cultura e turismo – puntare all’internazionalizzazione”.

 

L’Europa, stando ai dati, spiega Giandomenico Celata, direttore del Distretto Audiovisivo e dell’Ict, “risente della crisi più degli Usa, ma ha mantenuto l’export su un livello ragionevole”. Le esportazioni Usa sono sui 14 miliardi di dollari, mentre quelle europee, sui 6 miliardi di dollari. Tra i maggiori successi dell’anno scorso Il discorso del re, che ha incassato nel mondo quasi 400 milioni di dollari, e Quasi amici che è a 350 milioni di dollari di incassi.

La Francia sembra perdere posizioni nelle esportazioni, meno di un miliardo dollari nel 2011, ma il motivo è l’aver puntato molto di più sulle coproduzioni. In Italia e Francia gli investimenti esteri su prodotti interni sono intorno al 20%. “L’Italia – sottolinea Celata – è ai margini del commercio internazionale. L’ultimo caso epocale è stato La vita è bella, unico film italiano doppiato negli Usa”.

Inoltre Roma (da cui viene la maggior parte dei prodotti cinematografici), rischia di perdere la leadership nazionale, rispetto a Milano (da cui viene molto del prodotto televisivo): nel 2008 la quota di esportazioni della capitale infatti era all’80,1%, scesa nel 2011 al 56,2%.

Per Lamberto Mancini, presidente del Distretto televisivo e Ict, e direttore generale del Festival di Roma per far crescere il mercato internazionale “bisogna puntare a crescere negli Usa ma anche nel mercato dell’est, e in quei Paesi dove ci sono grandi comunità italiane, come il Brasile”.z

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17 Gennaio 2013

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