Cristina Comencini: l’intervista


C’è anche un omaggio al bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi in Bianco e nero, la nuova commedia di Cristina Comencini nelle sale dall’11 gennaio. Ma stavolta a immergersi nello scenografico capolavoro del barocco romano è Aissa Maiga, attrice francese di origini africane, nel film la senegalese che ha rubato il cuore al tecnico dei computer Fabio Volo. Costruito su cliché e pregiudizi (assolutamente reciproci), Bianco e nero – prodotto da Cattleya con Rai Cinema – vuole far ridere a partire da una semplice domanda, che la regista si è posta dopo un viaggio in Rwanda al seguito del sindaco Veltroni: perché non abbiamo neanche un amico nero? Così è nata la storia, scritta con Giulia Calenda e Maddalena Ravagli, di un adulterio interrazziale che sconvolge le due comunità perché è visto da tutti come un tradimento della propria razza. Ambra Angiolini è la moglie abbandonata, attivista dell’Amref (che è partner ufficiale del film), Anna Bonaiuto e Franco Branciaroli i suoi genitori, borghesi che hanno vissuto a lungo in Africa ma non sono mai andati oltre una visione stereotipata dei neri. Nel cast ci sono anche Eriq Ebouaney, Katia Ricciarelli, Awa Ly, Teresa Saponangelo.

 

Come ha scelto le due coppie protagoniste?

Fabio Volo l’avevo visto e apprezzato in Uno su due, Ambra naturalmente in Saturno contro. Per i due attori neri invece sono andata a cercarli in Francia, in Italia infatti la comunità senegalese è ancora in via di formazione e non ha ancora prodotto attori.

 

Un classico come “Indovina chi viene a cena” è stato un punto di riferimento?

Sì, anche perché è l’unico ed è un film bellissimo. E’ curioso che paesi che hanno una lunghissima storia di immigrazie non abbiamo mai inventato delle commedie sulle coppie miste…

 

C’è il francese “Romuald e Juliette”, per esempio. Ma certo sono pochi e spesso non a lieto fine.

Il finale qui è stato fatto e pensato cinquanta volte. Mi piace pensare che Bianco e nero racconti un tipo di amore che era normale negli anni ’70 e che oggi non esiste più. Un amore che sapeva affrontare tanti problemi e differenze, mentre oggi predomina la paura della diversità.

 

Voi avete avuto qualche timore?

Avevamo un po’ il tarlo del politically correct. In questo ci ha aiutato molto Amref che la pensa esattamente come noi: non bisogna aver paura di prendersi gioco dei pregiudizi. La verità è che i tanti progetti umanitari e la buona coscienza non cambiano realmente le carte come invece succede con l’innamorarsi.

 

Da dove avete preso la materia prima per descrivere gli effetti dei due razzismi incrociati?

Dai racconti in prima persona di varie coppie miste di amici, che ho iniziato a frequentare dopo la mia esperienza in Rwanda, racconti sempre fatti con ironia e divertimento. Hanno figli che vivono in un mondo popolato di bambole e principesse bionde: la bambina nera che vuole la barbie sposa non è certo un’invenzione. Il film vuole essere anche un atto di conoscenza, sia pure parziale.

 

Il personaggio di Fabio Volo è un italiano medio, che fino ad allora non si è interessato per nulla all’Africa e ai suoi problemi, che non sa neppure dov’è Dakar.

Vorrei rispondere con le parole di mio padre che in Tutti a casa aveva messo in scena un evento straordinario come l’8 settembre ’43, attraverso una persona assolutamente qualsiasi, il sottotenente Alberto Sordi. Anche Billy Wilder diceva che la commedia mette persone comune in situazioni eccezionali.  

 

autore
07 Gennaio 2008

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