CANNES – Nell’era dello streaming e del cinema usa e getta, capita spesso di interrompere un film dopo pochi minuti, delusi, annoiati o, perché no, inorriditi. Ma quante volte capita di farlo in sala? E, soprattutto, di farlo con un film di un regista vincitore di un Oscar? È quello che si saranno chiesti i, non pochi, giornalisti accreditati della 75esima edizione del Festival di Cannes fuggiti dopo appena un quarto d’ora dall’inizio del film di apertura della kermesse, Coupez! di Michel Hazanavicius.
Di certo, lo spettacolo che si para davanti agli occhi dello spettatore è all’apparenza un’opera a dir poco inadatta al contesto prestigioso di una serata inaugurale, che fino a pochi attimi prima aveva visto protagonisti Forest Whitaker, Vincent Lindon, alcuni dei personaggi più apprezzati del cinema mondiale, oltre che l’intervento a sorpresa del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un film horror di serie b, ripreso e fotografato come tale, che in un lungo piano sequenza pieno di intoppi e situazioni grottesche racconta la sconclusionata storia di una troupe cinematografica che, durante le riprese di un film di zombie, subisce l’attacco proprio di un gruppo di non morti.
Dopo mezzora in cui ci si chiede dove si andrà a parare, in cui si ride per il gusto del “trash” e si cerca il significato nascosto in scelte registiche al limite del demenziale, consapevoli del fatto che un regista acclamato come Hazanavicius non possa concedersi a simili brutture se non volontariamente, si arriva al ribaltamento tanto atteso. Coupez!, esattamente come il film giapponese One Cut of the Dead di cui è l’adattamento fedele, si rivela essere una matriosca meta-cinematografica, in cui per la maggior parte del film vedremo la storia, questa volta raccontata con tutti i crismi, di come è stato realizzato il cortometraggio posticcio che abbiamo visto fino a quel momento.
“In questa lunga ripresa in piano sequenza – spiega il regista – dovevamo preservare l’idea di un film spazzatura molto brutto: è importante che lo spettatore pensi: ‘oddio non sarà mica così per la prossima ora e mezza?’. E quando invece finisce, mi piace l’idea che sia come un trucco di magia. Cambia la prospettiva e diventi critico del tuo giudizio iniziale, ti senti stupido per non avere capito quanto fossero straordinari questi attori. È un’esperienza”.
L’inganno del film è l’idea fondante anche dell’originale scritto e diretto da Shin’ichirō Ueda. Un film che è diventato un piccolo cult per una nicchia di appassionati e che presenta lo stesso inizio straniante: “Anche io, guardando l’originale, sono stata tentata di interromperlo dopo pochi minuti. – rivela una delle attrici protagoniste Bérénice Bejo – Non capivo cosa Michel volesse da me. Ho rifiutato, anche perché ero molto impegnata. Ma lui è stato molto insistente, chiamava in continuazione. Solo dopo una settimana di agonia ho deciso di leggere la sceneggiatura che aveva scritto e ho subito capito che faceva per me. Con degli ottimi attori sarebbe stato fantastico, volevo assolutamente farne parte”.
In effetti, visto nella sua interezza, Coupez! è un film intelligente e a tratti esilarante. Un omaggio sincero non solo al film da cui è tratto, ma alla macchina cinematografica in senso lato, e ai valori intrinsechi che porta avanti. “Era da tanto tempo che lavoravo su una commedia incentrata sul girare un film. – racconta ancora Hazanavicius – Volevo parlare delle difficoltà e delle disfunzionalità di quando si sta sul set. Per un’incredibile coincidenza mi è stato proposto questo progetto che era molto meglio di quello a cui stavo già lavorando, era esattamente quello che stavo cercando. È un film che parla di persone che fanno cose insieme, un’avventura meravigliosa. Non ho mai avuto l’impressione di stare facendo un film di altri: non importa se sia presa da un altro film o da un romanzo, quando racconti la storia e la condividi con gli attori, il film diventa tuo. È molto fedele all’originale perché l’ho adorato, eppure penso sia un film molto personale”.
Alla fine di Coupez!, il cui titolo originale Z (comme Z) è stato cambiato per evitare riferimenti alla guerra in corso, si riesce a respirare cosa vuol dire far parte di una squadra, l’importanza dello spirito di collaborazione, la capacità di trasformare gli incidenti in opportunità con in testa un obiettivo comune da raggiungere. In sostanza, è un film coraggioso, come coraggiosa è stata la scelta di presentarlo come film di apertura di questa edizione particolarissima del Festival di Cannes: “Siamo appena usciti dalla pandemia. – conclude il regista vincitore di un Oscar per il film The Artist – Questo è il primo festival negli ultimi anni che ha una parvenza di normalità. Sono stati tempi pazzi che ci hanno fatto vivere nell’ansia. È un po’ strano aprire Cannes con il mio film leggero e gioioso ma è anche un grande onore”.
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