‘Cose che accadono sulla Terra’: docu-western italiano di frontiera
Michele Cinque, il regista di Iuventa, il documentario manifesto sui soccorsi in mare, torna con una storia sui moderni cowboys italiani in lotta contro il cambiamento climatico
Michele Cinque, il regista di Iuventa, il documentario manifesto sui soccorsi in mare, torna con una storia sui moderni cowboys italiani in lotta contro il cambiamento climatico.
La Prima internazionale sarà all’IDFA Amsterdam il 15 novembre.
Il film Cose che accadono sulla Terra ci porta in uno degli angoli più selvaggi e meno conosciuti d’Italia, dove una famiglia di moderni cowboy lotta ogni giorno per mantenere vivo un delicato equilibrio tra uomo e natura. Giulio e Francesca, i protagonisti, dedicano la loro vita a un allevamento sostenibile, nel tentativo di preservare l’ecosistema della loro azienda, minacciato dalla desertificazione e dagli effetti del cambiamento climatico. La loro missione? Rigenerare il suolo e lasciare un mondo migliore ai loro due figli, Brando e Brianna.
Un ruolo centrale nel racconto è giocato dalla presenza del lupo, simbolo del richiamo alla natura e alla nostra connessione con essa. La giovane Brianna, che affronta le sue paure più profonde, rappresenta l’innocenza e la vulnerabilità della nostra relazione con la fauna selvaggia. I lupi hanno decimato la loro mandria, ucciso due dei pony di Brianna e, nel suo immaginario, sono diventati una minaccia sempre presente. Le parole della bambina, piene di emozioni contrastanti, ci guidano in alcune delle scene più toccanti del film, mentre le video-trappole rivelano la vita nascosta che emerge solo nel silenzio della notte, tra cinghiali, volpi e falchi.
Con una visione etica che non tutti condividono, Giulio e Francesca affrontano le difficoltà economiche cercando risorse presso fondi di investimento che spesso mettono in discussione i loro ideali. Nel frattempo, combattono con la presenza di predatori naturali e si trovano a ideare nuove strategie per coesistere pacificamente con l’ambiente circostante.
Immersi in un paesaggio mozzafiato tra il mare e i Monti della Tolfa, nell’alto Lazio, mantengono viva un’antica tradizione gestendo il loro bestiame esclusivamente a cavallo, usando il lazo per catturare tori e vacche che vivono allo stato brado. Descrivono la loro vita come “lunghi momenti di noia intervallati da attimi di terrore”, evidenziando le sfide e le meraviglie di una quotidianità fuori dal comune.
A fare da filo conduttore alla narrazione è la voce di Francesca, che risponde alle domande della piccola Brianna, aiutandola a elaborare la sua paura del lupo e a trasformarla in un rispetto profondo per la natura.
Il regista definisce il film “un documentario osservativo, girato nell’arco di due anni a stretto contatto con i protagonisti di questa storia. Questo ampio periodo di osservazione mi ha permesso di indagare a fondo il loro mondo, creando un rapporto di profonda intimità con la famiglia di Giulio e Francesca: un’intimità che la macchina da presa restituisce, diventando quasi invisibile. La presenza costante della troupe ha reso possibile registrare sia i piccoli che i grandi cambiamenti avvenuti nel corso degli anni, inclusi eventi che hanno radicalmente modificato la scrittura filmica, come l’infortunio di Francesca. La realtà, che abbiamo inseguito – a cavallo, sui pick-up, in trasferta nel nord Italia – ci ha sorpreso, costringendoci a riscrivere la sceneggiatura più volte.
La prima fascinazione per questa storia nasce dallo stupore nello scoprire il cosiddetto “selvaggio west italiano”: un’immensa area incontaminata, estesa su migliaia di ettari, dove vivono cavalli selvatici e capi di bovini allo stato brado e dove l’allevamento si svolge ancora secondo antiche tradizioni, tramandate da generazioni di butteri, i cowboys italiani. A soli 50 chilometri dal Grande Raccordo Anulare di Roma, esiste una frontiera tra il mondo civile, con le sue leggi, e il mondo naturale, con le sue regole. Cose che accadono sulla Terraè ambientato su questa frontiera, fra il mondo degli uomini e il mondo selvatico.
Girato quasi esclusivamente in esterni, negli orari di lavoro – la mattina presto, la sera tardi, di notte, all’alba o al tramonto – il film è immerso in una luce obliqua che rende ancora più affascinante l’ambientazione. A illuminare il mondo interiore dei protagonisti è la curiosità di Brianna, la più piccola della famiglia, che interroga la mamma per capire, crescere e superare le proprie paure. Questo dialogo non scritto tra madre e figlia è il frutto di un lungo processo creativo, pensato per trovare una voce narrante che non sottraesse realismo ed emozione al racconto, ma che, al contrario, potesse arricchirlo con qualcosa di inedito. La vita dei protagonisti, infatti, è una vita pratica, scandita dalle urgenze e dagli imprevisti, dove raramente c’è tempo per riflettere.
Per contrastare il mondo degli uomini, ho scelto di raccontare il mondo selvatico attraverso uno strumento inusuale: le video-trappole. Queste inquadrature fisse, notturne, in bianco e nero – simili a camere di sorveglianza, utilizzate solitamente per monitorare case, centri commerciali, banche e prigioni – in Cose che accadono sulla Terra diventano il mezzo per rendere visibile l’invisibile: per rivelare la presenza dei lupi che minacciano l’impresa dei protagonisti e che, allo stesso tempo, rievocano l’indissolubile legame tra uomo e natura. Queste sequenze notturne sono arricchite dalla voce di Brianna, che, in un registro diverso rispetto al dialogo con la madre, svela i suoi incubi e fornisce agli spettatori gli indizi per accedere, seguendo le tracce dei lupi, alla natura più creativa del film.
Un altro elemento visivamente caratterizzante è rappresentato dalle sequenze macro, in cui enormi insetti invadono i fotogrammi e suggeriscono allo spettatore un cambio di prospettiva, un necessario spostamento di visuale, affinché l’essere umano possa ritornare a sentirsi parte del mondo naturale”.
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