L’irrisolta schizofrenia del mondo del cortometraggio, in cui un’incredibile quantità e varietà di opere si confronta con un mercato e un pubblico praticamente inesistenti, si è riflessa sulla serata di martedì 4 dicembre al Palazzo delle Esposizioni. Di fronte a un pubblico numerosissimo, nella sala congressi, è stato presentato un cofanetto frutto della collaborazione tra Einaudi e Tele+ dedicato al cortometraggio. I corti. I migliori film brevi da tutto il mondo, questo è il titolo del nuovo prodotto della collana “Stile Libero”, che comprende un libro di circa 170 pagine (con saggi di Alberto Abruzzese, Enrico Ghezzi e Marco Müller, tra gli altri) e una videocassetta di 15 piccoli film per un totale di ben 3 ore e 50 minuti. Tra questi ne sono stati proiettati cinque, tra cui Il giorno della prima di “Close Up” di Nanni Moretti e Zandegi Dar Meh dell’iraniano Bahman Ghobadi (Il tempo dei cavalli ubriachi, Caméra d’Or a Cannes 2001).
Mario Sesti, Ferzan Ozpetek, Paolo Manera e Alessandro Faes Belgrado, chiamati ad animare la presentazione (Sandro Veronesi e Paolo Virzì hanno disertato l’appuntamento), si sono prodotti in uno stringato ma vivace dibattito sulla natura del cortometraggio e del cofanetto in questione, generando una polemica non del tutto superflua. In particolare Mario Sesti ha dimostrato esplicitamente le sue riserve sull’operazione e soprattutto sulla selezione dei corti. “Se la bellezza del cinema breve”, ha affermato, “è di riproporre un linguaggio diverso e versatile, che l’adozione della struttura classica del romanzo ha sottratto al cinema, i quindici corti non possiedono questa bellezza: sono stati scelti quelli dall’impianto più classico, hollywoodiano”. Piccole caricature di lunghi, li ha definiti insomma. Faes Belgrado, responsabile della selezione, ha ribattuto che un’operazione editoriale del genere su questo argomento è la prima in Italia e vorrebbe funzionare come sdoganamento, in vista di altre pubblicazioni simili. Come dare torto a entrambi?
Il breve contributo che Ozpetek ha invece potuto offrire alla discussione è stata un’affermazione inaspettata: “Non so perché sono qui, non ho mai fatto corti. Per me è più difficile che fare un lungo”.
Di cortometraggi si continua a parlare troppo, più di quanto si riesca a farli vedere al cinema o in televisione. Questo cofanetto è un ottimo modo per cominciare a dar loro visibilità: “In tempi in cui tutti vogliono avere successo e vendere, io voglio celebrare coloro che abbracciano il fallimento sociale e quotidiano per inseguire il personale, cose che non portano né soldi né pane, e che non fanno storia contemporanea, storia dell’arte o qualsiasi altra storia. La vera storia del cinema è la storia invisibile (…)” [da Anti-100 Years of Cinema Manifesto di Jonas Mekas, una delle colonne del cinema underground; citazione contenuta a pag. 61 del libro].
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