COMENCINI & CO


Le parole di mio padre, ultimo italiano di Cannes 2001, chiude Un Certain Regard. Forse, incrociamo le dita, alla vigilia di un premio importante a Nanni Moretti. Su questo, però, nessuno vuole sbilanciarsi. Anzi, Chiara Mastroianni scherza: “Non sono una cartomante. E Mimmo Calopresti, proprio perché è in giuria, non dice una parola ai suoi amici”.
Mimmo Calopresti è anche tra i protagonisti del film di Francesca Comencini, nel ruolo del padre. “Un padre giovane e un po’ controcorrente, che vedo come un totem, qualcosa di irraggiungibile”.
Chiara, bionda e dimagrita, anche lei all’ombra di un padre importantissimo, si riconosce un po’ in Ada ma senza voler fare paragoni. “Vengo da una famiglia numerosa, anche se atipica, ho un fratello e una sorella, siamo fratelli solo a metà ma il legame di sangue è comunque fortissimo”. Italo-francese, ma quasi più francese, continua a lavorare soprattutto all’estero: nell’Hotel di Mike Figgis è una turista a Venezia in un cast internazionalissimo, in Carnage della francese Delphine Gleize si muove tra dodici personaggi tutti surreali.
Italo-belga, invece, Fabrizio Rongione (Zeno). Comencini l’aveva visto in Rosetta dei Dardenne. “Sono nato a Bruxelles ma sono sempre stato curioso del cinema italiano. E poi lavorare in Italia, per il figlio di un immigrato, è il massimo”.
Divisi tra due patrie. Come questa regista, vissuta a lungo all’estero, autrice anni fa di film apprezzati come Pianoforte e Annabelle partagée, tornata in patria per realizzare un documentario “italianissimo” come lo Shakespeare a Palermo sulla trilogia teatrale di Carlo Cecchi.
La lontananza, per lei, è una risorsa: “Da lontano si riescono a vedere meglio le cose formidabili che ci sono in Italia, la nostra cultura che non è polverosa e neppure anticommerciale. La coscienza di Zeno, riletto oggi dopo gli anni del liceo, acquista attualità e viene persino voglia di espanderlo”.
“Anche Svevo – riflette – si poneva il problema delle patrie. Del resto, avendo un nome straniero, si era voluto dare uno pseudonimo programmatico come, appunto, Italo”. Svevo, continua, è uno dei padri della cultura italiana. “Mio padre Luigi è uno dei grandi registi di una generazione che ha contribuito a creare un pubblico intelligente e critico”. Ma il più grande lascito, per Francesca, è aiutare un figlio a trovare se stesso. “A non essere diverso da se stesso”.

autore
18 Maggio 2001

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