Un festival che vede aumentare il suo pubblico di 2mila unità ogni anno e che nel 2002 ha contato 130mila presenze in nove giorni non può che meritare rispetto, anche se è dedicato solo al cortometraggio. Il Festival Internazionale di Clermont-Ferrand, conclusosi il 9 febbraio, è alla 24a edizione ed è ormai considerato da produttori, registi e distributori il più importante del mondo.
Quest’anno è stato vinto da un film danese, Woyzeck’s last simphony (Gran Prix) e da una coproduzione tra Francia, Zimbabwe e Burkina Faso, Bintou.
“Essere stato scelto con il mio film significa molto anche per il cortometraggio italiano, soprattutto perché è l’unico nella competizione internazionale; uno o zero fa differenza…”.
Abbiamo incontrato a Clermont alcuni registi italiani di cortometraggi, tra cui Ugo Capolupo che, dopo aver vinto il Primo Premio a Siena, ha partecipato al Festival francese con il documentario L’ultimo rimasto in piedi.
“Questa manifestazione è colossale: ci sono quasi tutte le emittenti mondiali. Molti paesi hanno più lavori rispetto all’Italia che comunque è presente con altri due corti nella competizione internazionale riservata al digitale, inaugurata quest’anno: insomma, meglio esserci che non esserci”. Capolupo sta parlando di Tengo la posizione di Simone Massi e Senza terra di César Meneghetti ed Elisabetta Pandimiglio.
Il film di Massi è un lavoro inedito di 4 minuti, realizzato con la tecnica “animazione in fase su carta”, cioè disegnato e colorato fotogramma per fotogramma su fogli di carta. “Sinceramente non so perchè l’abbiano preso nella competizione digitale – dice Massi – Non mi intendo molto di cose tecniche, so che alla scuola di Urbino hanno un sistema MiniDv con cui hanno ripreso le mie tavole”.
Come per Capolupo anche per Massi è la prima volta a Clermont-Ferrand: “Per la competizione non voglio immaginarmi nulla… Riguardo al mercato mi ero immaginato molto, spero di trovare contatti e distribuzioni che mi aiutino a superare le difficoltà che ho incontrato in tanti anni in Italia. Tengo la posizione è costato niente o tanto, a seconda dei punti di vista. Non ho speso nulla perchè l’ho realizzato grazie all’appoggio della Scuola d’Arte di Urbino, Sezione Cinema e Animazione. Ma se dovessi quantificare i mesi che ho impiegato – conclude l’autore – saremmo sui venti/trenta milioni”. Quattro mesi e quattromila tavole per 4 minuti, ma la Rai paga 80mila lire al minuto un film d’animazione.”
I nuovi progetti di Capolupo alla luce di visto a Clermont? “Quando penso a un documentario penso innanzitutto a girarlo, non rifletto a priori sulla possibilità di venderlo. Adesso mi sto rendendo conto che ci sono possibilità di sala e televisive, ma prima di tutto faccio lavori in cui mi identifico. Comunque ho un progetto di documentario sportivo, forse l’atletica”.
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