“Michael Bay ha copiato da me” dichiara, scherzosamente ma con orgoglio, il regista Claudio Fragasso quando gli fanno notare le somiglianze fra alcune scelte stilistiche del gigante di Hollywood e quelle del suo Le ultime 56 ore, action movie tutto italiano in uscita il 7 maggio per Medusa, con 160 copie che si spera possano salire a 200.
“Io giravo in America che lui era ancora un poppante. Se solo non fossi nato in Italia”. Ha ragione Fragasso: se c’è qualcuno che conosce il cinema di genere, è lui. Di horror, thrilling, gialli e action ne ha diretti a bizzeffe, tra gli anni ’80 e i ’90 (tra i tanti, Leviatàn, Zombi 3, Troll 2, La casa 5), arrivando poi alla consacrazione con Palermo Milano-Sola andata e il sequel Milano-Palermo: il ritorno.
Al di là del gioco citazionista, comunque presente (ci sono scene che ricordano da vicino Speed e la trama è certamente molto simile a quella di The Rock, diretto appunto da Bay nel ’96) va dato atto a Fragasso che il suo film si regge sulle proprie gambe, offrendo intrattenimento di livello ma anche sostanziosi spunti di riflessione sociale.
L’uso di uranio impoverito negli armamenti ha portato molti militari italiani, sprovvisti di adeguate protezioni, ad ammalarsi di cancro durante le missioni in Kosovo. Il Ministero della Difesa e quello degli Interni, che hanno sostenuto e apprezzato il film – riconosciuto anche di interesse culturale nazionale dal MiBAC- ci tengono a precisare, con un cartello dopo i titoli di coda, che i soldati italiani non hanno mai fatto uso di questo tipo di armi. “Però – sottolinea Emerico Laccetti, comandante del dipartimento operativo della Croce rossa italiana, che in prima persona ne ha subito gli effetti – ci siamo comunque venuti a contatto perché le usavano gli altri eserciti con cui lavoravamo”.
Questione sociale a parte, Le ultime 56 ore è un action che non ha nulla da invidiare, a livello artistico e di sforzo produttivo, a tante ben più blasonate produzioni internazionali. Invece di Russell Crowe e Hugh Jackman qui ci sono i convincenti Gianmarco Tognazzi e Luca Lionello, nei panni rispettivamente di un ex militare che intraprende una pazza impresa nel tentativo di veder riconosciuti i propri diritti e di un negoziatore che si vede suo malgrado coinvolto, assieme alla propria famiglia, nella movimentata vicenda.
Incontriamo i due antagonisti in due sequenze d’azione al fulmicotone realizzate non con il computer ma come si faceva una volta, con largo uso di stuntman che, a detta del regista, “sono i figli e i nipoti di quelli che girarono Roma violenta“, poliziesco degli anni ’70 per lui grande fonte d’ispirazione.
Nel cast, tra gli altri, anche Barbora Bobulova, Libero De Rienzo, Simona Borioni, Francesco Venditti, Primo Reggiani e Maurizio Merli, figlio dell’omonimo che regalò il volto a tanti eroi d’azione negli anni ’70, tra cui proprio Roma violenta.
“Volevo scrivere una storia che parlasse di argomenti rilevanti e difficili senza risultare pedante – dichiara la sceneggiatrice Rossella Drudi, compagna di Fragasso nel lavoro e nella vita – un po’ come avevamo fatto anni fa con Teste rasate. Una storia di fantasia basata però su personaggi e situazioni reali”.
Decisa la sua posizione riguardo allo scottante argomento: “E’ vero, il governo italiano non ha riconosciuto al 100% la sua responsabilità, ma con un decreto legge del 2008 ha dato l’indennizzo alle vittime e ai loro familiari. E’ l’unico governo che l’ha fatto e personalmente ne sono orgogliosa. Quando si parlava di sindrome dei Balcani o del Deserto, erano tutti giri di parole per nascondere la verità: leucemia”.
Riflessione e intrattenimento si trainano dunque a vicenda, arricchendo la trama di sfumature morali (si accenna anche all’eutanasia) e di componenti emotive e sentimentali, su una sceneggiatura a incastro rigorosa e ritmata, boccata d’aria fresca in un panorama cinematografico – quello italiano appunto – che sembra riconoscere solo commedia e film d’impegno.
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