Claudio Amendola


Questo film Claudio Amendola lo voleva proprio fare. Ha rubato la sceneggiatura dallo studio del suo avvocato, ha alzato il telefono e ha detto alla regista: “Devo avere quella parte”. E così è stato: Wilma Labate, che lo aveva già diretto nel precedente La mia generazione, lo ha scelto come protagonista anche di Domenica. Il film, che esce il 2 febbraio nelle sale e poi sarà a Berlino nella sezione Panorama Speciale, racconta il viaggio di un ispettore di polizia e di una bambina orfana, per i vicoli di Napoli.

Tutta la storia gira intorno al rapporto del poliziotto e della bambina. Come è stato lavorare con Domenica Giuliano, una ragazzina di undici anni alla sua prima esperienza?
Formidabile. Non ho mai avuto un rapporto del genere con un’attrice. O meglio, mi è successo soltanto una volta e poi con quella donna ci ho fatto un figlio! Il primo giorno di riprese non riuscivo a concentrarmi per quanto ero affascinato dalla sua capacità di recitare. D’altronde, se non fosse stato così sarebbe stato un disastro: da Domenica dipendeva tutto e lei ha affrontato questa responsabilità con grande serietà.

Ti sei sentito un po’ il suo maestro?
Lei ha imparato a stare in scena molto velocemente, ma in realtà è stata lei a darmi qualcosa. La sua purezza è stata la chiave della riuscita del film, sono io che le ho rubato un po’ di verità dagli occhi. Si è creata una grande complicità. Quando abbiamo girato l’ultima scena, proprio l’ultimo giorno di riprese, piangevo come un vitello. Un guaio, visto che il copione non prevedeva lacrime.

Ti aspettavi che “Domenica” fosse scelto per la sezione Panorama del Festival di Berlino?
A essere sinceri speravamo di andare in concorso. Si vede che non c’erano più posti…

Il personaggio dell’ispettore Sciarra è molto complesso: un uomo maturo, solo, al quale rimangono pochi mesi di vita…
Si tratta del primo vero uomo adulto che abbia mai interpretato. In passato mi sono sempre calato nei panni di ragazzi, più o meno cresciuti, ma ancora lontani dalla maturità. Sciarra rappresenta sicuramente una svolta nella mia carriera.

E’ stato difficile interpretarlo?
Wilma è stata fondamentale, sono pochi i registi che come lei ti aiutano e ti spiegano i vari volti di un personaggio. Quando mi ha diretto in La mia generazione, mi ha fatto vedere una valanga di film con Marlon Brando. Questa volta, invece, mi è toccato guardare ventotto film con Robert Mitchum. Incredibile.

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29 Gennaio 2001

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