Ci ha messo dieci anni, Claudia Florio, a portare questa storia al cinema. Un’idea nata leggendo un pezzo di cronaca in cui si raccontava la strana vicenda di un uomo che assoldava prostitute per far loro recitare una parte sempre diversa, a seconda del suo umore.
Un personaggio bizzarro che la regista ha portato nella sceneggiatura del Gioco, mischiandolo con la sua passione per il giallo, con il tema del doppio e della gelosia e con qualche eco letteraria imparentata con Lo strano caso del dottor Jeckyll e Mr Hyde. E’ nato così questo film che nel 1990 vinse il premio Solinas per la sceneggiatura, ma che ha impiegato molto tempo a trovare un produttore e qualcuno che lo volesse distribuire.
Tant’è che proprio alla conferenza stampa, il film ha dato vita ad un “botta e risposta” tra i produttori Sergio Castellani e Carlos Pasini-Hansen e il distributore Beppe Attene sui sempreverdi temi della qualità, degli aiuti e delle difficoltà del nostro cinema.
Il debutto in sala è comunque per il 20 aprile, in due cinema di Roma. Poi si vedrà.
Come mai tante difficoltà per portare a termine il progetto?
Ai produttori sembra che ormai interessi soltanto la commedia. Se non fosse arrivata la legge per il sostegno del cinema non credo ce l’avremmo mai fatta. Il gioco ha avuto bisogno di un grande sforzo produttivo, che siamo riusciti a realizzare grazie al lavoro della Film Master Film, che ha investito più di 5 miliardi. Speriamo di essere ripagati di tutto questo, anche se per ora a confortarci abbiamo soltanto i dati di vendita all’estero: questa pellicola è già stata venduta in 39 paesi, dalla Cina al Venezuela.
Il film punta molto sulla recitazione, è stato difficile scegliere gli attori?
Ho sempre avuto la consapevolezza che la riuscita di questa pellicola sarebbe dipesa dalla qualità delle interpretazioni. Per questo prima di andare sul set ho provato con il cast per quattro settimane filate, il che, per un film italiano, è un evento raro. Quando, anni fa, sottoposi il soggetto a Cristaldi mi disse che il problema più grande sarebbe stato quello di trovare gli attori giusti. Se fosse ancora vivo credo sarebbe contento del risultato. I due protagonisti, Susan Lynch e Jonathan Price, sono straordinari.
Per favorire la vendita all’estero il film è stato girato sia in italiano che in inglese. Un’esperienza difficile?
Gli attori italiani, Claudia Gerini e Enrico Silvestrin, parlano bene l’inglese, altrimenti non saremmo andati molto avanti. Credo che alla fine, le scene in cui recitano in inglese siano quelle paradossalmente riuscite meglio, forse perché lavorare in un’altra lingua li ha costretti a uno sforzo di concentrazione maggiore, a eliminare vezzi o particolari che danneggiano l’espressività.
La scelta del thriller psicologico è stata un caso?
Vorrei che il giallo diventasse un po’ la mia cifra, il mio modo di esprimermi. Anche il mio prossimo film, che dovrebbe uscire prima di Natale, sarà un thriller. Si intitola La regina degli scacchi, protagonisti: Barbara Bobulová e Toni Bertorelli.
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