“L’attrice e la diva” è la prima retrospettiva italiana dedicata a Claudia Cardinale. L’Angelica del Gattopardo inaugura oggi nella Sala Trevi-Sordi di Roma la rassegna che ripercorre il suo lungo percorso d’attrice cominciato alla fine degli anni Cinquanta e coronato dal Leone d’Oro alla carriera nel 1993.
Alle 18.30 aprirà il convegno con relazioni di Patrizia Carrano, Morando Morandini e Mario Sesti. A raccontarla dentro e fuori da set interverrano, tra gli altri, Suso Cecchi D’amico, Damiano Damiani, Francesco Maselli e il compagno Pasquale Squitieri.
Poi i film, divisi in sezioni tematiche: si comincia con Giallo italiano, dittico composto da La ragazza di Parigi, l’intervista curata da Annamaria Mori e Mario Sesti, e Un maledetto imbroglio di Pietro Germi.
L’evento, in programma con 3 proiezioni quotidiane fino al 30 maggio, è realizzato da: Centro sperimentale di Cinematografia, Cineteca Nazionale, Comune di Roma, ministero dei Beni culturali e associazione Made in Italy.
Signora Cardinale, come ricorda il suo esordio?
Da piccola volevo fare l’esploratrice, ma già a Tunisi venni notata da alcuni registi. A 15 anni girai con Omar Sharif. Nel 1958 ero sul primo set italiano, quello de I soliti ignoti: non parlavo l’italiano e mi sembravano tutti dei folli che gesticolavano a più non posso: poi ho capito che in Italia è normale. L’incontro con Pietro Germi è stato importante: avevamo lo stesso carattere selvaggio. Con La ragazza con la valigia diventai la fidanzata d’Italia. Negli anni Sessanta facevo 4 film all’anno. La svolta è arrivata con Il gattopardo e 8 ½ . La prima persona che ho incontrato a Roma è stato Alberto Moravia: scrisse un libricino su di me. La prima critica la fece Pier Paolo Pasolini: analizzava il mio sguardo. Sono stata una privilegiata: ho lavorato con grandi maestri in tutto il mondo e interpretato i grandi ruoli della letteratura italiana.
Come vede la retrospettiva?
Mi hanno dedicato retrospettive ovunque ma, certo, l’omaggio italiano mi rende felice. Sono di nazionalità italiana, cultura francese e radici tunisine. Il cinema mi ha salvata: ero un’introversa e ho cominciato ad esprimermi. Davanti alla macchina da presa divento l’Altra, mi trasformo nel personaggio. Sono stata una puttana e una principessa, ho fatto commedie e tragedie. Fuori dal set torno me stessa. Per fare questo mestiere bisogna essere forti, aver chiara la distinzione tra Identità/Alterità, tra se stessi e il proprio ruolo.
Da qualche anno si dedica in particolare al teatro.
L’ho rifiutato a lungo. Avevo paura. Poi Pasquale Squitieri e Maurizio Scaparro si sono messi d’accordo per convincermi a interpretare La veneziana. Tra poco debutterò a Parigi con uno spettacolo di Tennessee Williams. Con Pasquale Squitieri farò Processo a Gesù di Diego Fabbri.
Vive a Parigi, come vede da lì il cinema italiano?
In ripresa. Ma le coproduzioni scarseggiano così in Francia arrivano pochi film. Di recente Moretti, Giordana e Crialese hanno avuto successo.
Lei è anche Ambasciatrice Unesco. Può raccontarci qualcosa di questa attività?
Mi occupo soprattutto dei diritti delle donne. Mi sono interessata al caso di Amina, la nigeriana condannata alla lapidazione, sono in contatto con associazioni parigine come Ni putes ni soumises. Ogni donna deve essere libera di scegliere. Anche se indossare il velo islamico o no. Si pensa ancora che le donne debbano essere sottomesse: io non lo sono mai stata.
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