Le carceri femminili sono state assai raramente soggetto (ed oggetto) del cinema italiano. Se si escludono le derive semi pornografiche o il bellissimo Nella città l’inferno diretto nel lontano 1958 da Renato Castellani, con Anna Magnani e Giulietta Masina, o ancora il semidocumentaristico Le rose blu di Emanuela Piovano, ben poco è stato raccontato di questa realtà marginale.
A tentare di colmare la lacuna ci ha pensato, una decina di anni fa, Gianna Maria Garbelli, che ha messo in scena Tentazioni metropolitane, presentato a Venezia ’93 col titolo Portagli i miei saluti/Avanzi di galera, storia di una detenuta in semilibertà con le sue paure, il suo non essere accettata dal mondo libero, i suoi conflitti dentro le mura di un carcere milanese.
Ed è stato proprio questo film ad inaugurare le nuove strutture che il carcere romano di Rebibbia mette a disposizione dei propri detenuti, nell’ambito delle lodevoli iniziative che da sempre lì si svolgono con lo scopo di adempiere ai doveri (il carcere non solo come pena ma anche come luogo di preparazione al reinserimento sociale) che gli istituti penitenziari devono svolgere.
Assieme ad un gruppo di detenuti, ad assistere alla proiezione anche i sottosegretari ai Beni culturali Vittorio Sgarbi e Nicola Bono. Il primo impegnato in un discorso sul riconoscimento dei valori di cui i detenuti – coloro che sono dall’altra parte, gli emarginati – sono portatori, quei valori di solidarietà che molto spesso latitano in quella che chiamiamo “società civile”. Il secondo, invece, autore di un discorso programmatico sul bisogno del cinema di essere visto, e polemico nei confronti della televisione di Stato che questo film lo ha comprato ma mai trasmesso, auspicando l’avvento di nuovi organismi direttivi della Rai che permettano di far vedere quello che è ancora nascosto nei magazzini e che invece sarebbe utilissimo per mostrare il vero volto della società italiana, quel volto – ha continuato il sottosegretario – spesso stravolto dalle trasmissioni, e soprattutto dalle trasmissioni di Rai International.
Tentazioni metropolitane è un film che nella verosimiglianza ha la sua forza principale (e gli interventi dei detenuti erano tutti rivolti a riconoscere alla regista la capacità di catturare gli aspetti reali della vita di un galeotto), ma artisticamente il film rimane un mediocre lavoro di genere (anche il sottosegretario Sgarbi ha notato alcune debolezze consigliando un montaggio più snello). Forse, se non è andato in onda, si deve, più che all’argomento che affronta alle forme, decisamente poco televisive, soprattutto nelle scene di amore tra donne, nel lungo indugiare sui corpi nudi, cose che, purtroppo, sarebbero inevitabilmente destinate a passare in primo piano, lasciando sullo sfondo la tragedia e la disperazione di chi non ha avuto una vita fortunata o dei saldi valori morali sui quali aggrapparsi nei momenti di difficoltà.
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