Che impresa salvare il pianeta!


E se d’un tratto scoprissi che Dio possiede uno spiccato senso dell’umorismo e decide si scendere sulla terra per convincerti con ogni mezzo a compiere un’impresa decisamente ridicola? E’ quanto succede a Evan Baxter, elegante e ambizioso professionista che in seguito a una promozione si appresta a iniziare con la sua famiglia un nuovo capitolo dell’esistenza. In un impeto di arroganza e spiritualità superficiale rivolge la preghiera di poter cambiare il mondo senza sapere che questo significherà un progetto ben diverso da quanto s’aspetta. Con le sembianze eleganti di Morgan Freeman il Creatore scende sulla terra per organizzare Un’impresa da Dio: la costruzione di un’arca che salvi le specie animali da un’imminente catastrofe e proprio Evan è il realizzatore prescelto. Lo sbigottito uomo d’affari si ritrova catapultato nei panni di un novello Noè con tanto di manuale pratico d’istruzioni della collana ‘for Dummies’ e a nulla gli valgono i tentativi di ignorare l’incontro: tampinato da specie animali che spuntano da ogni angolo del pianeta, afflitto da un evidente problema di peluria persistente e in costante crescita, costretto ad indossare come unico vestito una tunica a sacco, deve arrendersi all’ironia divina che lo vuole calato in pieno nel ruolo del patriarca.

 

L’impresa che Dio ha commissionato a Evan in realtà è il viaggio alla scoperta di se stesso, una presa di coscienza di ciò che è a dispetto di ciò che fa finta di essere: Evan scopre che ogni cambiamento sostanziale non può essere una vacua promessa d’impegno ma è un processo concreto fatto di sacrificio e introspezione; scopre che avere sempre meno tempo per la propria famiglia e distruggere l’ambiente circostante non vale il successo ottenuto e soprattutto non è ciò che vuole. Il racconto mitologico di Noè è modernizzato dalla chiave ecologista che fa da sfondo alla pellicola: la catastrofe è generata da un progetto di espansione urbanistica senza scrupoli che mette i bisogni del singolo (lo spietato parlamentare Long) al centro delle decisioni politiche di una comunità. “Noi siamo i nuovi dinosauri. E se non stiamo attenti finiremo per fare la loro stessa fine”, ha dichiarato Morgan Freeman a proposito della conservazione del pianeta. A dimostrazione della sensibilità al tema la produzione ha cercato di realizzare un film a basso impatto ambientale: riciclando i materiali utilizzati per le riprese, piantando alberi nei pressi del set, donando biciclette ai membri della troupe per limitare l’uso delle automobili ha sperato di far chiudere un occhio sugli aerei utilizzati dagli attori per spostarsi o sul quantitativo di animali in cattività utilizzati nelle scene.

 

La costruzione stessa del set in realtà è stata una vera impresa: nei sei mesi precedenti l’inizio delle riprese una squadra di costruttori ha realizzato un vascello in legno dalle proporzioni epiche – cosa peraltro ormai rara nell’era della computer grafica – lungo circa ottantaquattro metri e alto venti. Per non parlare del lavoro di addestramento delle svariate specie (ben centosettantasette) di animali presenti. Anche il lavoro di grafica computerizzata ha avuto proporzioni bibliche: è stato necessario creare altri animali in digitale per assicurare al film la giusta varietà e quantità di specie, sono stati ricostruiti fiumi d’acqua e onde gigantesche con tanto di spruzzi, riflessi e rifrazioni realistiche e si è reso necessario un paziente e massiccio lavoro di riprese in studio con la tecnica del blue screen per consentire la convivenza in scena di predatori e prede naturali.

Secondo capitolo di Una settimana da Dio, pellicola che sbancò inaspettatamente il botteghino nel 2003 e che vedeva Jim Carrey alle prese con divini superpoteri, Un’impresa da Dio è interpretato dal “quarantenne vergine” Steve Carell e arriva in sala con la Universal Pictures dal 28 settembre.

autore
24 Settembre 2007

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