Sono 51 i film in concorso nella XXIV edizione del Cervino CineMountain, il festival del cinema di montagna più alto d’Europa, in programma a Breuil-Cervinia e Valtournenche dal 31 luglio al 7 agosto, che ogni anno porta ai piedi del Cervino il meglio della cinematografia di settore.
Da Paolo Cognetti a Nicolò Bongiorno, da Antoine Le Menestrel a Eliza Kubarska, Angelika Rasin, sono tanti i registi, gli sceneggiatori e i produttori italiani e stranieri, che hanno scelto di essere presenti al festival valdostano per presentare le proprie opere, trasformando il Cervino CineMountain in agorà del cinema, nella quale addetti ai lavori e pubblico si incontrano, si confrontano, si scambiano esperienza e attivano collaborazioni. Un luogo dove il cinema e la montagna si fondono e le idee fermentano.Come ogni anno saranno tre le categorie in concorso: i Grand Prix des Festivals – Conseil de la Vallée, l’“Oscar del cinema di montagna”, che il Cervino CineMountain assegna alle opere vincitrici dei principali Festival di settore; il Concorso Internazionale, che riunisce le pellicole iscritte selezionate dalle oltre 500 arrivate quest’anno da 69 Paesi diversi; CineMountain Kids, una selezione dei migliori film di animazione che raccontano le storie di montagna “incantate”.
Da 24 anni il Festival assegna quelli che sono ormai considerati gli Oscar del Cinema di Montagna. In questa edizione sono otto i film che concorreranno al Premio, pellicole differenti e che nella loro varietà di soggetti e ambientazioni, rappresentano il meglio della produzione del cinema di montagna, selezionati fra i vincitori dei Grand Prix nei festival membri dell’International Alliance for Mountain Film, l’associazione che raggruppa le principali manifestazioni internazionali.
Il grande protagonista è il viaggio, o – meglio – i viaggi, declinati nella pluralità delle esperienze umane e delle traiettorie esistenziali di atleti, alpinisti, sherpas, avventurieri e “semplici” montanari. Paradigmatica, in questo senso, è l’epica traversata dei mari australi, fino alla Baia delle Balene, raccontata da Maciek Jabłoński in Selma, con un occhio attento alle sfumature psicologiche dei suoi personaggi e alle loro relazioni, nel claustrofobico contesto di 4 mesi di navigazione estrema.
Anche i film di due grandi maestri del cinema di montagna, Michael Dillon e Pavol Barabas, si concentrano ancora una volta sul tema della spedizione, che si fa, al contempo, viaggio interiore e impresa ai limiti delle possibilità umane: il primo raccontando, con il suo Ocean to Sky, la sfida di Edmund Hillary sul fiume Gange, per superare la perdita della moglie e della figlia in un incidente aereo; il secondo dedicando ad una delle pagine più straordinarie dell’alpinismo moderno il suo Everest – The Hard Way, vincitore di tre Grand Prix nei festival internazionali.La tradizionale struttura narrativa del film di spedizione viene invece stravolta nel documentario di Eliza Kubarska, The Wall of Shadow, in cui il punto di vista del racconto si sposta verso una famiglia di sherpa, capovolgendo ogni romantica idealizzazione dei “conquistatori delle vette”.Altri film delineano percorsi più spiccatamente esistenziali: dalla storia di fuga e riscatto sociale attraverso lo sport, filmata con sensibilità e passione da Adam Brown in En la tormenta (Anteprima italiana), alle odissee nel tempo e nella memoria di Anche stanotte le mucche danzeranno sul tetto (fresco trionfatore del Festival di Trento) e del film iraniano The Silhouettes (Anteprima italiana), sospese drammaticamente fra il peso del passato e la speranza nel futuro.
Temi che ritornano anche, concludendo, nel premiatissimo A tunnel di Nino Orjonikidze e Vano Arsenishvil, dove una delle icone del viaggio nella cultura moderna – la ferrovia – diventa il simbolo di un cambiamento epocale, di una cesura netta nelle tradizioni e nella cultura.
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