VENEZIA – 50 anni fa Martin Luther King pronunciava il suo celebre discorso ‘I have a dream’. Dei 60 giornalisti chiamati a seguire l’evento, solo uno si accorse di quella frase che poi sarebbe diventata uno dei simboli della lotta contro il razzismo e a favore dell’uguaglianza, e non la inserì neppure nel titolo, ma nel corpo del pezzo. “Perché – afferma il ministro dell’integrazione Cécile Kyenge intervenuta oggi a presentare allo Spazio Luce Cinecittà una campagna di sensibilizzazione che come nome porta proprio quella storica affermazione – a volte i messaggi forti passano semplicemente perché è il loro momento, attraverso gli atti delle persone e i loro comportamenti, e non sono perché lo ha deciso una legge”. A moderare l’incontro, la giornalista Lucia Annunziata, a supportarlo, Vladimir Luxuria, attivista, scrittrice, attrice ed ex parlamentare. Presenta il progetto il Garante per l’infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora: “Purtroppo non è ancora possibile affermare che viviamo in un paese dove certe battaglie sono già superate – dice – Nel celebrare il discorso che 50 anni fa cambiò la storia dei diritti civili in America, rileggendolo, ci siamo resi conto che purtroppo è ancora molto attuale. Basta sostituire il termine ‘neri’ con l’indicativo di persone di diversa nazionalità o orientamento sessuale, ci rendiamo conto che i ‘razzismi’ in 50 anni sono purtroppo aumentati e non diminuiti. Ma pensiamo anche alla diffusione di casi di violenza sulle donne. Noi crediamo nella campagna I have a dream: il nostro sogno è di cambiare l’Italia, attraverso il cinema, partendo dalle nostre basi che sono i ragazzi e gli adolescenti. L’energia e la voglia di fare esistono ancora, lo vedo, lavorando nelle periferie. Magari l’ambizione massima è più bassa rispetto a quella che potevano avere i giovani di generazioni passate, ma i ragazzi non smettono di sognare. Ma sono bloccati da un tappo che non consente loro di esprimersi, e poi certo la crisi ha peggiorato la situazione. Ma soprattutto, abbiamo avuto in passato una classe dirigente, non solo politica, che su questi giovani non ha investito. Non ci ha creduto, non ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare. Il cinema italiano ci fa da sempre sognare, ma i recenti fatti di cronaca, comprese se posso permettermi le vergognose parole che sono state recentemente rivolte al qui presente ministro, ci ha fatto capire che di quel sogno ci siamo dimenticati”.
“Ammiro il ministro Kyenge – dice Luxuria – perché mi piacciono i politici che non fanno di razzismo e omofobia un mestiere per ottenere seggi. Mi sono emozionata stringendole la mano e non capita spesso, con un politico. Il sogno dell’uguaglianza è un principio, se vogliamo, anche banale, ‘self evident’: è ovvio che siamo tutti stati creati per essere uguali, ma purtroppo certe categorie pensano di essere più uguali delle altre. Vedo figure di riferimento straordinarie in Martin Luther King e in Nelson Mandela. Il mio augurio è che questo sogno possa essere realizzato in Italia, che tutti i rappresentanti delle categorie GLBT non debbano sentirsi sfortunati per essere nati in questo paese, che possano essere giudicati per i loro pregi – il saper ascoltare e aiutare gli altri – e non per l’etichetta. Purtroppo, il termine ‘gay’ declinato in vari dialetti oggi è ancora considerato un’offesa. Esiste un bullismo di tipo omofobo che attacca la psiche: fino a poco tempo fa gli stessi gay pensavano quasi che essere picchiati fosse giusto, si sentivano in colpa. Oggi, per fortuna, no, c’è consapevolezza maggiore e questi atti vengono denunciati. Ma vi ricordo che al momento non abbiamo un ministero delle Pari Opportunità. Mi arrabbio quando penso che Josefa Idem si è dimessa per un affare di poche migliaia di euro e stanno tutti a parlare di come salvare il destino di Berlusconi, per faccende molto più gravi. Spero che il Ministero di Cécile Kyenge riesca a farsi carico anche di questo buco nella nostra amministrazione e la invito al gay village, struttura che io stessa gestisco, dove sarebbe, probabilmente, l’unico politico applaudito e non fischiato”.
“Non mi sono mai pentita di aver scelto questa strada – afferma con sicurezza il ministro – non ho tempo nemmeno di pensarci, per me esistono le cose che vanno fatte e basta. Ci vuole responsabilità per fare la cosa giusta. Bisogna mettere insieme le diversità e far capire che non sono pericolose. Le persone non devono sentirsi in colpa di essere ciò che sono. E questo lo dobbiamo far capire anche attraverso esempi concreti di persone che hanno fatto la nostra storia. Alcune discriminazioni sono evidenti, e da quelle abbiamo imparato a guardarci e difenderci. Ma esiste anche il classico ‘io non sono razzista ma…’, seguito poi da un comportamento opposto. A questo dobbiamo stare attenti. I bambini non sono contaminati dal razzismo, non sanno cosa sia la differenza. Sta a noi fargli capire che è una cosa positiva. Il cinema può e deve raccontare anche questo: storie di persone che perdono i diritti, che rendano visibile un modo di vivere diverso, che in Italia già esiste. Il cinema è uno strumento che entra facilmente nelle case, attraversa i muri: dobbiamo ridargli la sua funzione: sostenere le cause giuste e combattere le paure. Dobbiamo essere felici di poterne usufruire. La battaglia deve svolgersi su più piani: riforme a livello ministeriale, ma anche sostenere iniziative che vengono dal territorio. Penso inoltre che il problema della cittadinanza non sia solo italiano ma travalichi i nostri confini, per questo sto lavorando anche a livello di comunità europea: non possono esistere i cittadini di serie B”.
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