Caterina di Francesco Corsi inizia con un campo lunghissimo in un tipico paesaggio collinare toscano: un gruppo di musicisti canta e suona nel piccolo cimitero fiorentino di Monteripaldi, costituito da un semplice recinto rettangolare che racchiude le sepolture a sterro. E’ un rituale laico tra amici: sono i compagni di strada di Caterina Bueno, nata a a San Domenico di Fiesole nel 1943 in una famiglia cosmopolita e multilingue (padre spagnolo, il pittore Xavier Bueno, e madre svizzera, la scrittrice Julia Chamorel) e morta a Firenze nel 2007. Nei primissimi anni ’60 è una ragazza che si prende la briga di intraprendere una ricerca durata una vita. Incontra tanta e tanta gente sul campo, per raccogliere goccia a goccia un mare di canzoni popolari toscane. Etnomusicologa e chitarrista autodidatta, presta quindi la voce per interpretare quel repertorio folk (La leggera, La brunettina, Maremma Amara) e si fa accompagnare dai talenti che scopre lungo la strada. Uno fra tutti Francesco De Gregori: chiamato nel ’71 da lei per il suo primo tour come chitarrista, le dedicherà in Titanic (1982) la canzone Caterina: Poi arrivò il mattino / E col mattino un angelo / E quell’angelo eri tu / Con due spalle da uccellino / In un vestito troppo piccolo / E con gli occhi ancora blu (….) E la vita Caterina lo sai / Non è comoda per nessuno (…).
Già nel 1967 la RAI aveva ritratto Caterina Bueno nel documentario Caterina raccattacanzoni: i registi Francesco Bolzoni e Luciano Michetti Ricci lì ripercorsero la ricerca antropologica che lei aveva già compiuto nelle campagne toscane tra Amiata, Mugello e Casentino. Armata di un registratore, Bueno andava nelle case a raccogliere con paziente curiosità i canti dei contadini. Una miniera di temi non solo amorosi ma anche politici, tra povertà, immigrazione, lotta di classe: nello scrigno dei suoi rinvenimenti anche un motivo che farà da base a Ho visto un re di Dario Fo, con cui collaborò per lo spettacolo Ci ragiono e canto (1966), nato dalle ricognizioni nel folk dell’Istituto Ernesto De Martino.
Il ritrovamento di quel documentario che si credeva perso e la digitalizzazione di alcuni nastri danno il via a Caterina, che Francesco Corsi (Memorias, 2015) ha realizzato tramite un crowdfunding, ma soprattutto grazie alla disponibilità dei colleghi di palco della Bueno. Tanti gli amici e i colleghi intervistati: Giovanni Bartolomei, cantante e poeta, geloso custode dei suoi vinili, nastri magnetici, foto e ritagli di giornali; Giovanna Marini, cantautrice e parte del Nuovo Canzoniere Italiano, a sua volta raccoglitrice di brani del folklore (e tuttora insegnante di estetica del canto contadino alla scuola popolare di musica di Testaccio a Roma); Jamie Marie Lazzara, liutaia statunitense naturalizzata italiana; Andrea Fantacci, parte del gruppo dei Disertori; il chitarrista Alberto Baila, che prosegue il percorso musicale in Senegal; e Valentino Santagati, cantante e chitarrista folk calabrese che ha per Caterina parole di ammirazione e dolcezza non comuni.
Tutti loro soffrono la mancanza di Caterina, con spirito orgogliosamente anarchico. Tutti loro celebrano la passione di Caterina: studiare e condividere musica, cercare il confronto col passato per capire il presente.
Una vita divisa tra ricerca e spettacolo (“ lo spettacolo è per me in funzione di finanziare la ricerca, o d’incrementarla”) ha portato Caterina a calcare i palchi nazionali e internazionali (nel doc c’è un frammento di un’intervista di Ruggero Orlando nel corso di una tournée americana), rendendola una figura imprescindibile del mondo culturale dell’epoca e facendole incrociare il cammino con alcuni tra i più importanti intellettuali come Dario Fo, Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco.
Facendo ricorso a tante ellissi, il regista Francesco Corsi sfrutta al meglio gli archivi (quelli RAI, altre registrazioni televisive e riprese di concerti), con un evidente piacere per il suono analogico: è la colonna audio a spiccare e incantare, per come pone la voce registrata di Caterina Bueno in primo piano, mentre la selezione dei brani esalta l’insostituibile funzione sociale del cantare e l’importanza del lavoro di ricerca di questa “cantante del popolo” e voce della Toscana più autentica. Colei che quella voce l’ha fatta rinascere, l’ha incarnata e divulgata durante i tanti concerti in cui ha intonato i canti di un passato antico, contadino, operaio, di lotta e di speranza. Li ha scovati, dispersi tra i monti e la campagna, dal Mugello alla Maremma, vagabondando a bordo della sua Cinquecento.
Questo film documentario su una delle più grandi figure del folk italiano, già presentato al 60° Festival dei Popoli, dove ha vinto il premio del pubblico “MyMovies.it”e il premio “Gli Imperdibili”, arriva al cinema dal 15 febbraio distribuito da Kiné. Sarà un lungo tour che partirà da Firenze: sabato 15 febbraio ore 21.00 il doc sarà presentato dal regista al Cinema La Compagnia e rimarrà in programmazione anche i giorni successivi, il 18 febbraio si sposterà a Perugia al cinema PostModernissimo, il 19 febbraio sarà a Genova al cinema Cappuccini e il 20 febbraio a Sesto Fiorentino al cinema Grotta. Il tour proseguirà tra febbraio e marzo a Roma, Milano, Bologna, Torino e Como, e sempre in Toscana toccherà anche Siena, Pistoia e Livorno.
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