Castellitto e Mazzantini: “Fortunata, tragedia greca a Tor Pignattara”

In sala da ieri e oggi al Certain Regard, il film trasforma Jasmine Trinca in una "gladiatrice" di periferia


CANNES – “Gli intellettuali si vestono di nero, i poveri si vestono colorati. La mia Fortunata, incarnata da Jasmine Trinca con minigonna e canottiera, e’ depositaria di una meravigliosa coatteria interiore”. Nel giorno in cui Fortunata si presenta al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il suo regista Sergio Castellitto spiega come ha cucito questo ruolo di donna verace di periferia sulla pelle di Jasmine Trinca, gia’ sua protagonista in Nessuno si salva da solo. Tra i palazzi di cemento di Tor Pignattara, Fortunata cerca di alzare la testa da un matrimonio finito male (con la guardia giurata interpretata, magnificamente, da Edoardo Pesce) e dalle difficolta’ di assicurare una vita dignitosa alla figlia di 8 anni Barbara (Nicole Centanni). Entra nelle case degli altri con il suo talento di parrucchiera e con il sogno di aprire un negozio tutto suo, miraggio di emancipazione di cui e’ complice l’amico Chicano (Alessandro Borghi), tatuatore gentile e instabile che deve badare a una mamma con l’Alzheimer (Hanna Schygulla). Ma la famiglia traballa sotto i colpi della precarieta’ e Fortunata e’ costretta a portare la figlia da uno psicologo, il rassicurante Patrizio (Stefano Accorsi). Poco prima di attraversare il tappeto rosso avendo gia’ in tasca la soddisfazione di un buon risultato al box office nel primo giorno di uscita nelle sale con Universal, Sergio Castellitto e la moglie Margaret Mazzantini, autrice della sceneggiatura, hanno risposto in tandem alle domande sulla genesi di questa storia di emarginazione e resistenza, per cui in molti hanno evocato Mamma Roma.

Mazzantini, da quali suggestioni nasce questo personaggio cosi’ forte?
M.M.: Coltivo da 20 anni l’idea di una figura femminile come questa, che potrebbe essere figlia di Italia, la protagonista di Non ti muovere interpretata da Penelope Cruz. Anche Fortunata, infatti, doveva essere portata sullo schermo dall’attrice spagnola, poi e’ passato tempo, ho conosciuto Jasmine, scoperto una donna di forza e talento e riscritto la storia.

Fortunata e’ una donna caparbia in un mondo poco tenero con le donne…

M.M.: La vedo come un animale selvatico che lotta per sopravvivere, come la protagonista femminile di un western che sfida un mondo maschile piuttosto misogino, anche se tutti gli uomini di questa storia sono attraversati dalla disperazione, sono onesti e disonesti insieme. Fortunata cerca di sopravvivere in una giungla di relazioni e la sua forza sta anche nella sua vulnerabilita’, nei suoi difetti. Le sue mancanze la rendono umanissima.

E’ anche un donna frutto del contesto in cui vive, una societa’ complessa e multietnica…
M.M.: E’ un gladiatore che combatte nel fango a mani nude, immersa in una periferia fatta di arabi che pregano e cinesi che fanno thai chi, una sorta di armata simbolica che ha colonizzato la nostra periferia. E’ una tragedia greca a Tor Pignattara.

Castellitto, dopo tanti film insieme come si evolve il vostro lavoro creativo di coppia?
S.C.: Film dopo film considero Margaret autrice come e piu’ di me. La sua prima scrittura subisce altri interventi, come la scrittura degli attori e il montaggio, di cui si e’ occupata lei quando io, esausto alla fine delle riprese, sono andato a Londra a trovare nostra figlia. Fortunata e’ stato un film molto scritto, ma come una gabbia col cancello aperto, pronto ad accogliere suggestioni esterne strada facendo.

Torna a osservare la periferia…
S.C.: Anche questa attenzione appartiene alla scrittura di Margaret, che si e’ sempre occupata degli ultimi, delle zone deragliate della societa’. Bisogna ricordare che le classi esistono, nonostante ci dicano il contrario, e che esistono ancora la destra e la sinistra, altrimenti non esisterebbero gli spaventosi conflitti sociali cui assistiamo. Provate ad andare a Tor Pignattara partendo dai Parioli, troverete un mondo diverso, popolato di cingalesi e cinesi. Dove prima c’era l’Accattone di Pasolini ora c’e’ un cingalese. Nella scena di apertura di Fortunata vediamo una distesa di cemento in cui i cinesi si riuniscono per fare attivita’ fisica, poi l’acquedotto romano e poi ancora un condominio di architettura fascista: questa e’ Roma.

Cosa rispondete a chi vi imputa di rendere troppo popolare il racconto letterario e cinematografico?
S.C.: Che siamo legati all’essenza divulgativa del cinema e che per fortuna abbiamo sempre avuto una buona risposta dal pubblico. Riconosco a lettori e spettatori una grande intelligenza, non sono una massa indistinta come pensano in tanti. E poi da ieri sera, con l’uscita nei cinema italiani, stiamo ricevendo messaggi via tweet di molte donne che si riconoscono in Fortunata…

21 Maggio 2017

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