Caro Ettore, quando sei arrivato al Teatro 5 di Cinecittà…

Roberto Cicutto ricorda il regista quando cominciò, dopo 10 anni di assenza dal set, nel teatro di via Tuscolana le riprese di Che strano chiamarsi Federico: "Non potevi farci regalo più grande"


Caro Ettore,quando sei arrivato al Teatro 5 di Cinecittà per cominciare le riprese di Che strano chiamarsi Federico, forse quello più sorpreso eri proprio tu. Dieci anni che non mettevi piede su un set tuo e per me, i miei collaboratori, ma credo per tutte le maestranze e i lavoratori del Luce e di Cinecittà, è stato un giorno di festa. Un anno prima su iniziativa di Felice Laudadio avevamo ipotizzato di ricordare Fellini a 20 anni dalla morte, usando materiali di repertorio Luce e Rai, per presentarlo al Festival di Bari di cui sei presidente e il cui logo è proprio un bel profilo di Fellini disegnato da te. Quando te lo abbiamo proposto lo hai trasformato in un film che si è rivelato un gioiello di grazia e intelligenza con una modernità di linguaggio straordinaria.
Intorno avevi oltre alle tue figlie (Silvia e Paola dette Le Gremlins mentre Gigliola nella sua discrezione si è fatta vedere poco sul set o forse, come diceva lei ironicamente, approfittava di quel poco di libertà….), i tuoi nipoti e molti dei collaboratori di sempre. Luciano Ricceri che ha realizzato le splendide scenografie, Luciano Tovoli che restituiva la luce che volevi, Raimondo Crociani il montatore, Franco Freda lo storico truccatore. Mancava Armando Trovajoli da poco scomparso, ma che avrebbe senz’altro fatto parte della compagine. E certo non mancava l’ “Avvocatessa” Giovanna Cau.
Ma c’erano giovani straordinari come il costumista Massimo Cantini Parrini discretamente accompagnato da Gabriella Pescucci, e assieme a Sergio Rubini molti ragazzi in vari ruoli assieme ad attori con cui avevi già lavorato… Tu facevi di tutto per non sembrare contento, ma come un soldato (malgrado una fratturina al piede) non sei mancato un solo minuto. Non potevi farci regalo più grande. In questi giorni di dolore e affetto, ti immagino come il tuo Federico del film, sgattaiolante fuori dalle celebrazioni. Nessun carabiniere ti inseguirà, ma stai certo che nessuno di noi ti perderà d’occhio.
Roberto

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20 Gennaio 2016

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