Carmen Giardina: Sleeping around, sesso e alienazione


C.GiardinaHa fatto incetta di premi al Festival di Ibiza e probabilmente uscirà in Spagna prima che in Italia, Sleeping around, l’opera prima di Marco Carniti, con Anna Galiena e con l’attore almodovariano Dario Grandinetti (Parla con lei). Una ronde senza sentimenti, ispirata al testo del britannico Mark Ravenhill (quello di Shopping and Fucking), dove un gruppo di personaggi di età e condizioni sociali diverse si sfiorano solo per brevi istanti di piacere sessuale in una città in cui la modernità e l’alienazione regnano assolute. Un film anomalo, per il panorama italiano, che continua a circolare nell’estate (presto sarà a Montefiascone e nel Salento). Ne abbiamo parlato con la sceneggiatrice Carmen Giardina, attrice e regista di teatro. Il suo ultimo spettacolo, “God save the punk!”, ha registrato il tutto esaurito al Vascello di Roma a marzo di quest’anno: “Ma critiche bellissime e platea sempre piena non garantiscono che sia ripreso nella prossima stagione, perché il teatro italiano, purtroppo, vive soprattutto di assistenzialismo e spesso conviene puntare su un nuovo progetto sovvenzionato piuttosto che riproporre uno spettacolo già collaudato e apprezzato”.

Avete scritto “Sleeping around”, scena per scena, ricreando poi il puzzle con i pezzi sparsi al montaggio?
Abbiamo lavorato sui personaggi e sulle scene incastrandole già in fase di scrittura: il nostro modello era quello di film come Magnolia o Happiness. Marco viene dal teatro, come me, ma lavora molto sulle immagini, sulla luce e sui movimenti, ancor più che sulle parole. Comunque Sleeping around è un’opera prima ambiziosa e atipica per il cinema italiano, con dieci personaggi tutti protagonisti.

Come avete scelto il cast?
Dario Grandinetti era perfetto nel ruolo del professore, personaggio cupo e indisponente, in teoria integerrimo ma in effetti corruttibile. Anche Anna Galiena, che è stata premiata a Ibiza, era perfetta nel ruolo della manager molto dura, una bella donna che, ormai matura, scarica sul lavoro le vittorie che teme di non poter più ottenere con l’eros. La scena della masturbazione sulla terrazza è una scena che francamente adoro.

Lei invece si è ritagliata il ruolo della hostess ninfomane.
E’ un personaggio che mi piace parecchio, ha una forma di dipendenza compulsiva dal sesso in cui non si capisce più se è desiderata o desidera. 

In tutti i casi ne emerge una visione disperata e respingente del sesso.
Il testo di Ravenhill si pone un interrogativo: cosa rimane del sesso in un’ottica consumistica. Rimane il baratto. C’è da aver paura di ciò che è diventato il sesso oggi. La donna che è una mera appendice dell’uomo di successo, il marito che non riesce più a fare l’amore con la moglie seppur bellissima, i ragazzi di vent’anni che rinunciano ai rapporti sessuali, la studentessa anoressica che usa la seduzione per potersi accettare ma trova invece disprezzo. L’Aids ha spazzato via l’eros senza pensieri e giocoso degli anni ’70 lasciando solo angoscia. Il testo teatrale ci è servito da guida, ma basta guardarsi attorno per scoprire queste stesse cose.

Avete girato a Torino.
Abbiamo cercato una città industriale e non riconoscibile, che le scenografie di Emita Frigato hanno reso stupenda e la fotografia in digitale di Paolo Ferrari, un allievo di Storaro, ha ancora impreziosito pur riuscendo a contenere il budget.

Lei è anche autrice di due cortometraggi: “Turno di notte”, che fu prodotto da Cinecittà Holding, e ora “La grande menzogna”, sul presunto incontro tra due dive assolute come Anna Magnani e Bette Davis.
La grande menzognaNo, l’incontro è tutt’altro che inventato. C’è stato davvero ed esiste anche una foto in cui le due donne si tengono per mano sedute su un divanetto. Bette Davis aveva visto Roma città aperta e considerava Anna la più grande attrice del mondo. Si scrissero per anni, quando non riuscivano quasi più a lavorare, perché avevano caratteri forti, aggressivi, e spaventavano la maggior parte dei registi. Da qui è partito il soggetto di Gea Martire che interpreta Bette Davis, mentre la Magnani è Lucianna De Falco: la somiglianza è impressionante.

Avete ricreato spezzoni d’epoca in bianco e nero, in un omaggio molto accurato che è piaciuto anche al Festival della Cineteca di Bologna Visioni Italiane.
Li ha girati Franco Robust in miniDV guardando film d’epoca e foto di set: ci sono immagini di Bellissima, L’onorevole Angelina, Eva contro Eva, Perdutamente tua. Mentre Roma città aperta è citata solo con il sonoro.

Si sente pronta per un lungometraggio?
Sì, sto scrivendo un soggetto, è un noir soprannaturale ma per ora non vorrei dire di più. La regia, tutto sommato, mi interessa più della recitazione, almeno al cinema. A teatro è un po’ diverso. Come attrice sto provando “Il contagio” di Walter Siti, con la regia di Nuccio Siano, un testo di taglio pasoliniano sulla borgata di oggi e il suo potere di influenzare tutto il resto. Io sono una signora radical chic che ha una relazione con un ragazzo di borgata.

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31 Luglio 2008

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