CARLO VERDONE


In sette sul divano. Personaggi di un’Italia fragile, nevrotica, complicata. Diversi per età, estrazione sociale e gusti: tutti però vanno in analisi. Analisi di gruppo, per giunta.
Carlo Verdone sta finalmente scrivendo un nuovo film, ancora senza titolo, a due anni da C’era un cinese in coma. Esperienza deludente e poi idee buttate lì (leggi la nostra intervista) e non andate in porto, almeno per ora. In mezzo ci si è messa anche la vicenda Cecchi Gori, il produttore di tutti i suoi film. Così Carlo, anche esercente del Roma di Trastevere, si produce da sé, con la Virginia. E pensa a un’uscita nell’autunno 2002, distribuito da Cecchi Gori o magari da qualcun altro.
L’annuncio ce l’ha dato ad Assisi. La rassegna diretta da Franco Mariotti, giunta al ventennale, ha scelto proprio il fantasista romano per un “Primo Piano sull’Autore” di forte impatto. Una consacrazione con tanto di convegno, interventi di critici ed esegeti la presenza del padre, Mario, insigne studioso. Una settimana “un sacco bella” per Carlo, che ha compiuto 51 anni proprio il 17 novembre. E che entra nella piena maturità come guru di sette personaggi, tre donne e quattro uomini, che rinverdiranno la coralità allegra-amara di Compagni di scuola.

Allora è vero: torni a “Compagni di scuola”?
Non proprio. Quel film era claustrofobico, questo invece ha molti momenti esterni al gruppo, perché segue anche le vicende dei singoli personaggi. E c’è anche una sparizione a movimentare le cose.

Ma è decisamente una storia corale.
Ho fatto un minisondaggio sul mio sito (www.carloverdone.com). Cosa volete da me? I soliti personaggi o una commedia corale? I miei fans hanno scelto la seconda.

Hai detto più volte che ti senti in una seconda fase della tua carriera.
Mi sento più maturo, decisamente. E anche il cinema sta cambiando. Oggi la commedia deve far ridere ma anche essere in grado di fare critica sociale e andare un pochino in profondità. Io mi sono liberato da certe zavorre.

Sei stato fermo due anni…
Fermo ma non immobile. Ho vissuto e ho visto molto cinema. Ho assistito alla rinascita degli italiani: è cominciata con Soldini, è andata avanti con Giordana, che fino a qualche tempo fa non avrebbe fatto una lira, è proseguita con Ozpetek, Muccino e Moretti, che ha realizzato il suo film migliore.

Hai già pensato al cast?
Sarà un cast tremendo da fare: decisivo. Comincio nei prossimi giorni. So che posso toppare tutto o invece indovinare.

E’ vero che volevi ambientare il film a Milano?
Sì. Poi con gli sceneggiatori – Piero De Bernardi, Fiamma Satta e Pasquale Plastino – ci siamo resi conto che non tornavano i conti perché c’è un personaggio, quello di mio padre, che deve essere per forza romano. Allora abbiamo spostato tutto tra Roma e l’Umbria.

In clima di bilanci, c’è un episodio della tua carriera che ricordi con particolare piacere?
L’incontro con Lauren Bacall, la mia attrice preferita. Due anni fa ho avuto l’onore di andare a cena con lei. A un certo punto, mentre scendevamo le scale insieme, è scivolata e io l’ho sostenuta con un braccio. Mi sono lussato una spalla, mentre lei mi diceva soave “thank you, Carlo”, io le ho risposto: “sì, vabbe, ma lasciami il braccio, me l’hanno già operato due volte”.

autore
26 Novembre 2001

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