CARLO VERDONE


Verdone va all’estero. Grazie alla Warner che produce e distribuisce il nuovo film dell’attore-regista, Ma che colpa abbiamo noi?. E’ il primo progetto italiano di Warner Italia, seguiranno una ventina di film nei prossimi 4/5 anni, come spiega Paolo Ferrari. La notizia è grossa, tanto da portare Carlo Verdone fino a Cannes – sveglia alle sei del mattino, doccia improvvisata all’aeroporto di Ciampino – “strappandolo” dal set di questo film complicato e costoso, con sessantuno location e 13 settimane di riprese, otto personaggi e otto storie che si intrecciano all’ombra dell’analisi di gruppo. “Doveva anche essere il titolo, ma ci siamo resi conto che esisteva già Terapia di gruppo e l’abbiamo cambiato a partire da questa vecchia hit degli anni ’60, che mi piacerebbe avere nei titoli di coda”.
Ma la scommessa internazione di Verdone ha un sapore storico anche perché segna un allontanamento da Cecchi Gori dopo ventidue anni di esclusiva: “Nel contratto avevo un’opzione per un film tutto mio, sono entrato in trattativa con la Warner, che aveva già distribuito, tra le altre cose, Io e mia sorella e Viaggi di nozze, e ci siamo messi d’accordo. Soprattutto li ha impressionati lo script, a cui ho lavorato insieme a Piero De Bernardi, Pasquale Plastino e Fiamma Satta. L’hanno letto e apprezzato, parla di debolezze e fragilità che sono comuni a tutto il mondo occidentale”.
In realtà Ma che colpa abbiamo noi? è un film molto alla Verdone. Una commedia sulle nevrosi che gli fa ritrovare il gusto per le storie corali: Margherita Buy è una prof di lettere innamorata di uno sposato che colleziona scarpe tutte uguali per gratificarsi; Anita Caprioli, una universitaria che calma col frigorifero la sua sete d’amore; Antonio Catania riesce a dormire solo sui treni; Lucia Sardo una cinquantenne che ha il terrore di invecchiare; Stefano Pesce un trentenne silenzioso che nasconde un segreto; mentre Carlo è un uomo succube di una figura paterna invadente… Tutti vengono raccontati a partire da una seduta di gruppo in cui l’anziana psicoanalista muore “senza un rantolo” mentre la sua sigaretta va in cenere e tutti pensano che stia riflettendo. “A quel punto scatta l’autogestione e tutto si riduce al livello di riunioni di condominio”. Fermo per tre anni, dopo C’era un cinese in coma, Carlo si dice maturato e pronto a lavorare sulla regia come mai prima. Ma esclude un passaggio al Festival di Venezia: “Prima vorrei vedere la reazione del pubblico, a prescindere dal fatto che a settembre saremo ancora al montaggio”. L’uscita è prevista per gennaio 2003, anche per evitare scontri difficili sul Natale. Poi Warner garantisce una carriera internazionale: “E’ stata sempre una spina nel fianco per me. Quando vinsi Villerupt, i francesi volevano comprare Io e mia sorella, ma Mario Cecchi Gori disse che gli offrivano troppo poco. E pensare che io sarei stato disposto a pagare…”.

autore
25 Maggio 2002

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