Si presenta all’incontro con un piccolo E.T. dal braccio snodabile. Carlo Rambaldi, 77 anni la maggior parte dei quali passati a creare mostri ed eroi per Hollywood (Dune di David Lynch, Alien di Ridley Scott, King Kong di John Guillermin, ndr.), preme il pulsante sulla schiena dell’alieno rugoso e il piccolo braccio di plastica si alza. Stretta nel palmo della mano una bandierina americana. Il creatore di E.T., premio Oscar per Alien, King Kong e lo stesso E.T. l’extra-terrestre, divertito dall’ennesimo prodotto di merchandising dopo vent’anni dalla creazione del primo prototipo, sorride in modo da assomigliare vagamente al piccolo alieno e dice: “Ormai è diventato anche cittadino americano”. Il film oggi esce nuovamente nelle sale italiane in 250 copie. Mentre Rambaldi sarà protagonista anche della notte dei David, onorato con un premio alla carriera.
Come le ha cambiato la vita E.T.?
In nessun modo. Non ho fatto i soldi che ha fatto Steven Spielberg con il film. Ho avuto un contratto allora e lì è finita.
Il film, nella nuova versione, è stato parzialmente modificato…
In verità, le scene aggiunte erano già state girate allora. La vera modifica riguarda la sostituzione delle pistole nelle mani dei cacciatori di alieni con dei telefonini e dei walkie talkie. In un’altra scena, dietro un cespuglio è stato aggiunto il dettaglio dei piedi. Piccoli correzioni, tutto qua.
E se dovesse creare E.T. oggi, con gli effetti speciali invece di quelli meccanici?
Non raggiungerei lo stesso risultato. Il successo di E.T. è proprio nel suo essere meccanico. L’animazione digitale rivela subito il suo segreto meccanismo allo spettatore. Un ragazzo, oggi, sa imitare gli effetti speciali di un film con il suo personal computer. Così scompare la magia.
E la qualità delle attuali tecnologie?
La qualità è la reazione del pubblico: se è meno appassionata, il risultato qualitativo resta basso. E poi non dimentichiamo che un regista non può correggere gli errori commessi da un troupe di addetti agli effetti speciali che conta duecento anime. Dovrebbe controllare una mole di lavoro enorme sparsa tra diversi computer. Nel caso degli effetti meccanici invece il regista poteva facilmente modificare quello che non gli stava bene.
Quanto costerebbe oggi una produzione come quella di “E.T.” ?
Allora ce la cavammo con un budget di 11 milioni di dollari e tre mesi di lavoro. Il film ha successivamente guadagnato 600 milioni di dollari e 800 milioni in merchandising. Con le tecnologie digitali invece il budget di investimento dovrebbe essere moltiplicato per 6.
Lei era stato contattato da Roberto Benigni per “Pinocchio”?
Abbiamo avuto un rapido colloquio alla Melampo, la sua società di produzione, ma dopo quell’incontro Roberto non si è più fatto sentire. Quanto a Pinocchio trovo che tutte le versioni cinematografiche, compresa quella Disney, non conservino lo spirito del personaggio di Carlo Collodi. A parte i disegni animati della famiglia Cenci. Erano degli impiegati postali fiorentini che la sera dopo il lavoro tornavano a casa e costruivano il loro Pinocchio. Nel romanzo è scritto: “Che sappia ballare e saltare e che mi renda un pezzo di pane e di vino”. In un film che rispetti il testo di Collodi si deve sentire che chi ha costruito il burattino era un povero morto di fame. Si deve lasciare la parte primitiva del personaggio.
E Yo-Dahr, l’alieno che sta creando per il film di suo figlio Victor?
Completamente diverso da E.T., Yo-Dahr è un dominatore, non è dominato. Stiamo cercando una coproduzione europea che coinvolga anche l’Italia. Il film s’intitola Amici per lo spazio.
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